Quando un esame va male, è sempre la solita solfa: se solo non m'interrogava l'assistente, se non mi chiedeva proprio quella cosa, se invece di dire quello dicevo quell'altro...
Se, se, tanti se. Ma non è certo la prima bocciatura (a ingegneria gli esami li davo tutti almeno 2 volte) e non sarà tanto meno neppure l'ultima. Il concetto è questo: tocca mettersi in testa che sono sei anni così, di alti e bassi. Di volte che ti dice bene e sei contento e di quando invece ti va male, e poi ti girano le palle per tutto il giorno e la notte nemmeno ci dormi, e stai lì a scriverci sopra, che magari ti passa.
Sei anni del cazzo che come per me lo sono per tutti e in fondo, alla fine, di che mi lamento: me la sono andata a cercare.
Insomma è andata male. E non è tanto il fatto in sé, quanto la scocciatura di dovermene stare sui libri anche a luglio, quando davvero ci speravo di farmi un bel giro o - magari - di scrivere quel libro famoso di cui parlo sempre.
E invece mi tocca riprovarci, e provarci è sempre la parola più adatta perché io di grandi voti non ne ho mai presi e alla fine, chissà come, sto sempre in mezzo al gruppo di quelli che forse gli va bene, ma forse no. E anzi: più che forse, mi sa che faccio meglio a scrivere in genere.
La cosa che mi lascia perplesso, è che a Ingegneria ti bocciavano anche se ripetevi tutto paro paro a come stava sul libro, se però a detta del professore non avevi capito. A Medicina invece capire è secondario, e ti bocciano se le cose non te le ricordi abbastanza a memoria.
Tra due concezioni tanto opposte, quello che davvero ho imparato da me è che un giorno speso sui libri se ne va per davvero, mentre un voto è soltanto un numero che qualcuno ti ha scritto su un foglio.
Quando hai preso abbastanza numeri ti danno un foglio più grande: lo incornici, lo appendi, e finisce che te lo scordi su un muro. Passano gli anni, finché un giorno lo guardi per sbaglio e ti ricordi delle lezioni, degli esami, e di tutte le notti d'estate passate a studiare.
E magari ti chiedi se, in fondo, ne è valsa davvero la pena.
Simone
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