Dopo tanto sentirne parlare, finalmente trovo qualcuno che mi fa provare la nuovissima novità della Apple: come avrete intuito, sto parlando dell'Ipad.
L'ipad dal vivo è un aggeggio rettangolare... e fin qui, me l'aspettavo. Tuttavia l'aspetto vero e proprio è un po' diverso da come me l'ero immaginato, forse perché quello vero ha la custodia mentre in foto l'ho sempre visto senza. Lo schermo è fantastico, un bel contrasto, coloratissimo, navigare su Internet non è mai stato così piacevole. Come lo tocchi e lo ruoti lui si gira appresso a quello che fai te (?) si aggiorna, scorre, sfoglia, lampeggia e sbrilluccica. Io sono abbastanza concreto nelle mie opinioni: costerà un botto e non ho ancora capito a cosa serve, ma in effetti è davvero bello.
Insomma ci gioco un po', e poi decido di visitare il mio blog. Questo qui che state leggendo voi, intendo, non gli altri dodici abbandonati in giro per la rete: chissà come si leggono gli ebook? Mi chiedo. Vado sulla barra di destra, clicco sul gatto che cadde dal sole, scelgo il formato epub e... impossibile aprire il file selezionato. Ma che... ?!
Provo con altri libri, ed è sempre lo stesso: impossibile aprire il file. Le versioni pdf le legge e si aprono e tutto ok, ma gli epub invece no. Penso che si debba prima scaricarli sul computer, poi girarli su itunes e alla fine portarli sull'ipad. Almeno credo, perché io roba della Apple non ne ho e non so bene come funzionano in genere 'sti cosi che producono loro.
Da persona che passa ore e ore davanti al PC, il fatto di fare un paio di click in più non è che mi disturbi più di tanto. Però se non hai un computer sotto mano o se sei uno di quelli che compreranno l'ipad perché trovano che usare un computer sia troppo complicato (il target principale di questo strumento, almeno a detta di qualcuno) gli epub miei non te li potrai mai leggere, a meno di non riuscire a renderli disponibili su qualche negozio online.
E io m'immagino già commenti del tipo: ah ma io vorrei tanto leggere qualcosa di tuo! Soltanto che navigo con l'ipad, e gli epub non me li apre.
Se non altro, sarà una scusa diversa dal solito.
Simone
28/06/10
23/06/10
Le mie attuali letture.
Devo ammettere che, da quando ho ripreso gli studi, scrivo molto meno, aggiorno con meno frequenza il blog, partecipo poco ai discorsi su facebook e soprattutto leggo una frazione di quello che leggevo prima.
Però, tutto sommato, non è proprio così che stanno le cose: abbandonati i 10, 15, o anche 20 libri di narrativa all'anno (di cui 5 0 6 erano riletture dei miei ^^), ora mi ritrovo a leggere 5, 10 o anche 15 testi universitari. Che a dire il vero sono più pesanti, più lunghi, forse più interessanti (alla prima lettura) ma anche molto, molto più noiosi quando tocca rileggere e ripetere e ririleggere e riripetere prima di ricordarsi cose come quelle cavolo di vie nervose maledette.
Normalmente, comunque, ogni libro di testo lo leggo 3 volte: prima sottolineo a matita, poi sottolineo con l'evidenziatore giallo e infine sottolineo col pennarellino rosso. Per Anatomia ero arrivato alla quarta passata, con l'evidenziatore verde... ma poi ho preferito rileggere e basta senza distruggere completamente le pagine.
Insomma, mi chiedevo: sono uno dei tanti scrittori che non leggono, ma scrivono tanto? Oppure sono uno che legge tanto ma non scrive quasi un cavolo, a considerare il poco che riesco a tirare fuori da qualche tempo a questa parte?
E poi, mi chiedo anche: ma questa storia che i libri sono cultura, che fanno crescere intellettualmente e tutto il resto, vale davvero per i romanzi che si scrivono oggi e per le cose che di solito leggiamo come svago?
Cioè, ma non è che la narrativa è solo una perdita di tempo, e che questa storia del libro = cultura è solo una gran presa per il culo da parte di chi vuole venderci le solite minchiate su vampiri, aspiranti scrittori e vari metri sopra il cuore?
Io non lo so. Anzi: tiro il sasso e nascondo la mano, concludendo che ovviamente la mia è solo una provocazione e che i libri di intrattenimento sono più acculturanti che mai... specialmente quelli che scrivo io.
Ma voi, invece, che ne pensate?
Simone
Però, tutto sommato, non è proprio così che stanno le cose: abbandonati i 10, 15, o anche 20 libri di narrativa all'anno (di cui 5 0 6 erano riletture dei miei ^^), ora mi ritrovo a leggere 5, 10 o anche 15 testi universitari. Che a dire il vero sono più pesanti, più lunghi, forse più interessanti (alla prima lettura) ma anche molto, molto più noiosi quando tocca rileggere e ripetere e ririleggere e riripetere prima di ricordarsi cose come quelle cavolo di vie nervose maledette.
Normalmente, comunque, ogni libro di testo lo leggo 3 volte: prima sottolineo a matita, poi sottolineo con l'evidenziatore giallo e infine sottolineo col pennarellino rosso. Per Anatomia ero arrivato alla quarta passata, con l'evidenziatore verde... ma poi ho preferito rileggere e basta senza distruggere completamente le pagine.
Insomma, mi chiedevo: sono uno dei tanti scrittori che non leggono, ma scrivono tanto? Oppure sono uno che legge tanto ma non scrive quasi un cavolo, a considerare il poco che riesco a tirare fuori da qualche tempo a questa parte?
E poi, mi chiedo anche: ma questa storia che i libri sono cultura, che fanno crescere intellettualmente e tutto il resto, vale davvero per i romanzi che si scrivono oggi e per le cose che di solito leggiamo come svago?
Cioè, ma non è che la narrativa è solo una perdita di tempo, e che questa storia del libro = cultura è solo una gran presa per il culo da parte di chi vuole venderci le solite minchiate su vampiri, aspiranti scrittori e vari metri sopra il cuore?
Io non lo so. Anzi: tiro il sasso e nascondo la mano, concludendo che ovviamente la mia è solo una provocazione e che i libri di intrattenimento sono più acculturanti che mai... specialmente quelli che scrivo io.
Ma voi, invece, che ne pensate?
Simone
16/06/10
Seconda laurea in Medicina: a due anni dall'inizio.
Due anni fa, all'inizio dell'Estate, avevo già preso la decisione di iscrivermi a Medicina e stavo studiando per il test di ammissione.
I primi mesi da studente recidivo sono passati così: tra corsi di preparazione, test di prova, l'ansia di non sapere con certezza se sarei entrato o meno e i tanti dubbi per quello che - eventualmente - sarebbe successo dopo.
E insomma, a due anni di distanza - e visto che mi è stato chiesto da qualche amico e da qualche visitatore del blog - forse è giusto tirare le prime somme. Vedere dove mi ha portato questa bella idea che ho avuto della seconda laurea in Medicina passati i 30 anni, e come stanno andando le cose.
Il test di ammissione è stato forse lo scoglio più grande che mi sono ritrovato davanti, quando ho deciso di riprendere a studiare. Invece infatti di un inizio graduale, si parte con un esame nel quale o entri o sei fuori, così, in una sola prova dove ti giochi tutto.
La dubbia idea comune che dentisti e medici guadagnino un sacco di soldi (diciamo che il dentista è lo stereotipo del professionista ricco per eccellenza, secondo forse solo al pizzicarolo) unita al successo di serial televisivi che propongono un modello della professione medica tanto irreale quanto affascinante, rendono queste facoltà molto affollate e la selezione abbastanza difficile.
Nel momento in cui ho deciso di iscrivermi ho fatto, come prova, uno dei test degli anni passati, e mi pare di aver preso attorno ai 20/80. Il minimo per entrare si aggirava sui 40 e rotti, e lì ho capito che avevo un problema. Un problema che insomma ho dovuto risolvere tra giugno e settembre, bruciandomi una mezza estate tra libri e corsi di preparazione. Ho fatto pure la vacanza-studio con tutti i diciottenni neo-diplomati! Un'esperienza agghiacciante, ma che - se vi trovate nelle mie stesse condizioni - vi consiglio: il corso non è che serva a molto (è più che altro un ripasso di cose che dovrete farvi da soli) ma almeno vi rinchiuderanno in un albergo per due settimane e - bene o male - qualcosa la studierete per davvero.
Comunque sia, se vi preparate in maniera adeguata, il test per entrare a Medicina a Roma è abbastanza fattibile: i posti sono tantissimi e alla fine - necessariamente - i punteggi richiesti per entrare scendono. Tra l'altro, durante la prova ci hanno diviso in base alla data di nascita, e io mi sono ritrovato in un'aula con tutti i candidati dai 30 ai 70 o non so quanti anni. Improvvisamente da vecchio studente attempato ero diventato uno dei più giovani, una situazione davvero un po' surreale.
Per chi se lo stesse chiedendo, io non ho personalmente visto alcun tipo di cose strane, mageggi o irregolarità, e la mia esperienza personale è di un'assoluta correttezza in tutto lo svolgimento della prova. Le storie che dicono su raccomandazioni e situazioni poco chiare - almeno a Roma e nell'aula dove stavo io - io non le ho viste.
Riguardo all'obbligo di frequenza, alla necessità cioè di essere presenti in aula per seguire e - soprattutto - mettere la firma sull'elenco che fanno girare volta per volta tra i banchi, posso dirvi che - come in qualsiasi altra facoltà - i corsi sono noiosi, pesanti e spesso inutili. Se poi ci aggiungete lezioni aggiuntive, laboratori, tirocini e burocratume vario da farsi firmare su un cavolo di libretto (che se te lo perdi fai prima a prendere un'altra laurea che a girarti tutti i docenti per fartelo ri-firmare) vi farete un'idea di quanto tempo bisogna impiegare solo per avere l'accesso a una prova di esame, senza cioè avere ancora aperto il libro e imparato una singola nozione.
Però non è tutto così negativo. La frequenza obbligatoria è per i 2 terzi delle presenze, per cui non è che bisogna esserci sempre (a parte per certe cose strane che ogni tanto si inventano, dove se non ci vai invece ti fanno più storie). Poi, detto senza giri di parole, non è che tutti i professori a queste firme ci stiano proprio così attenti al punto da fare una perizia calligrafica. Ci sono infine dei laboratori effettivamente bene attrezzati e alcune lezioni, dico alcune lezioni, così interessanti da ripagarti per le settecentomila ore che ti sembra di aver buttato: dopo 2 anni di Anatomia, Fisiologia e Biochimica ci hanno parlato del morbo di Parkinson, ed è stato un po' come mettere insieme i pezzi di un puzzle per capire come funziona - davvero - una malattia tanto complessa.
Molto spesso mi chiedono anche se gli esami di Medicina siano facili, difficili, medi o qualcos'altro. Venendo io da Ingegneria posso farvi un confronto solo con quel tipo di facoltà, perché ovviamente altre non ne conosco. Quello che posso dirvi è che - secondo me - a Medicina si studia di più che a Ingegneria (che già non è che sia questa facoltà dove si studia poco) ma poi gli esami si superano più facilmente.
Doversi mettere lì e ripetere anche MILLE PAGINE di roba da sapere completamente a memoria è una fatica terribile, e un esame come Anatomia, fatto di un infinito elenco di nomi e nozioni, in una facoltà come Ingegneria sarebbe inimmaginabile.
D'altro canto, a Ingegneria non è possibile che a un esame scritto ti chiedano "scrivere la formula di...". A Ingegneria le formule uno se le memorizzava nella calcolatrice (anche se in teoria le dovevi sapere a memoria) e lo scritto era fatto di una montagna di calcoli dove se sbagliavi un segno eri fottuto, e non è che bastava mettere qualche crocetta. Imparare a memoria è molto più faticoso rispetto a capire come si risolve un esercizio, ma alla fine è questione di pazienza: leggi un libro di 1000 pagine 1, 2, anche 10 volte, e a un certo punto lo sai perché il cervello funziona così. Non ci sono cose sulle quali puoi restare impantanato senza possibilità di scampo. Non ci sono dimostrazioni incomprensibili, funzioni che non si sa da dove arrivano o integrali impossibili da risolvere. Però i libri sono 4 volte più grossi, e già solo per portarseli appresso ci vuole un po' di coraggio. Insomma, tutto sommato, qualcuno si troverà meglio con un tipo di studio, e qualcuno avrà più facilità con un altro. Personalmente, e solo appunto personalmente, credo che le facoltà veramente difficili siano Matematica e Fisica, mentre sia Medicina che Ingegneria sono delle facoltà medie, con alcuni esami molto impegnativi ma che - bene o male - col giusto impegno (e un po' di fortuna) prima o poi si superano.
Poi più avanti inizierò a fare i tirocini in ospedale, e lì probabilmente le cose cambieranno un po'. Ma per ora non ne so nulla, e di più non vi so dire. Aspettate gli aggiornamenti futuri.
Qualcuno mi domanda anche se sia possibile lavorare e studiare allo stesso tempo. Io ho lasciato molto del mio vecchio lavoro, ma una parte continuo ancora a portarla avanti. Ho una situazione per cui posso decidere i tempi e i modi di quello che ho da fare, per cui posso per esempio andare a seguire la mattina e passare in ufficio il pomeriggio o vice-versa. La scrittura ne ha risentito un po' di più, visto che non ho più scritto romanzi. Ma alla fine non è che fosse un lavoro vero... o almeno credo. E poi scriverò un medical drama subito dopo la laurea.
Altre persone più grandi (poi ci arriveremo) si sono organizzate in maniera analoga. Chi riesce a spostare il lavoro tutto al pomeriggio, in genere, riesce anche a seguire (anche se poi non è detto che riesca a dare gli esami). Insomma con qualche difficoltà la cosa è fattibile. Però, se non potete permettervi di passare almeno a un part time, secondo me non riuscirete a portare avanti ogni cosa. Poi ho sentito di gente che si sveglia alle 5 di mattina per studiare, alle 8 porta i figli a scuola e poi va a lavoro: insomma, volere è potere e magari io sono solo più pigro di altri. Chiedete a loro.
Due parole, infine, sulla situazione dell'età: molti trentenni che pensano di riprendere l'università, infatti, hanno anche un po' paura di come si troveranno in mezzo a tanti ragazzi molto più giovani di loro. Alla fine, tutto sommato, studiare dopo i trent'anni è una cosa un po' strana, o almeno non comune, e certe cose invece si fanno meglio in gruppo.
Intanto, come accennato prima, Medicina è una facoltà che attira anche persone più attempate, e alla fine di 30, 40 o anche 60 enni ne troverete più d'uno. Non dico che noi vecchi siamo la maggioranza, ma un buon 10-15% del mio corso è fatto di persone alla seconda laurea o che comunque hanno deciso di iscriversi a questa facoltà molto dopo i canonici 18, 19 o 20 anni.
Poi sarà che i 20enni di oggi sono più svegli di come eravamo noi, ma con molti di loro questa differenza di età non la sento più di tanto. Inoltre l'università - e forse Medicina più di altri corsi - è comunque una situazione che definirei aggregante, e nel momento che ti trovi a dover sostenere un esame insieme ad altre persone è ovvio che tante altre differenze cadano comunque in secondo piano.
Infine cambia anche il rapporto coi professori: se a 20 anni ti sembrano tutti grandi, vecchi, cattivissimi e tutto sommato diversi, a 35 ci si trova a interagire in maniera differente. Capita di chiacchierare tranquillamente con alcuni di loro, o anche di andare in qualche locale la sera, conoscere amici di amici e scoprire che tra loro c'è un docente che prima o poi ti dovrà interrogare (e la cosa può farsi imbarazzante). Insomma questo fatto di essere più grande non è che si senta troppo, perché le occasioni di interagire con altre persone non mancano e l'età passa spesso in secondo piano. Certo, alle volte penso che quando avrò terminato avrò - forse - quarant'anni...
E certi numeri un pochino di paura la fanno.
Simone
I primi mesi da studente recidivo sono passati così: tra corsi di preparazione, test di prova, l'ansia di non sapere con certezza se sarei entrato o meno e i tanti dubbi per quello che - eventualmente - sarebbe successo dopo.
E insomma, a due anni di distanza - e visto che mi è stato chiesto da qualche amico e da qualche visitatore del blog - forse è giusto tirare le prime somme. Vedere dove mi ha portato questa bella idea che ho avuto della seconda laurea in Medicina passati i 30 anni, e come stanno andando le cose.
Il test di ammissione è stato forse lo scoglio più grande che mi sono ritrovato davanti, quando ho deciso di riprendere a studiare. Invece infatti di un inizio graduale, si parte con un esame nel quale o entri o sei fuori, così, in una sola prova dove ti giochi tutto.
La dubbia idea comune che dentisti e medici guadagnino un sacco di soldi (diciamo che il dentista è lo stereotipo del professionista ricco per eccellenza, secondo forse solo al pizzicarolo) unita al successo di serial televisivi che propongono un modello della professione medica tanto irreale quanto affascinante, rendono queste facoltà molto affollate e la selezione abbastanza difficile.
Nel momento in cui ho deciso di iscrivermi ho fatto, come prova, uno dei test degli anni passati, e mi pare di aver preso attorno ai 20/80. Il minimo per entrare si aggirava sui 40 e rotti, e lì ho capito che avevo un problema. Un problema che insomma ho dovuto risolvere tra giugno e settembre, bruciandomi una mezza estate tra libri e corsi di preparazione. Ho fatto pure la vacanza-studio con tutti i diciottenni neo-diplomati! Un'esperienza agghiacciante, ma che - se vi trovate nelle mie stesse condizioni - vi consiglio: il corso non è che serva a molto (è più che altro un ripasso di cose che dovrete farvi da soli) ma almeno vi rinchiuderanno in un albergo per due settimane e - bene o male - qualcosa la studierete per davvero.
Comunque sia, se vi preparate in maniera adeguata, il test per entrare a Medicina a Roma è abbastanza fattibile: i posti sono tantissimi e alla fine - necessariamente - i punteggi richiesti per entrare scendono. Tra l'altro, durante la prova ci hanno diviso in base alla data di nascita, e io mi sono ritrovato in un'aula con tutti i candidati dai 30 ai 70 o non so quanti anni. Improvvisamente da vecchio studente attempato ero diventato uno dei più giovani, una situazione davvero un po' surreale.
Per chi se lo stesse chiedendo, io non ho personalmente visto alcun tipo di cose strane, mageggi o irregolarità, e la mia esperienza personale è di un'assoluta correttezza in tutto lo svolgimento della prova. Le storie che dicono su raccomandazioni e situazioni poco chiare - almeno a Roma e nell'aula dove stavo io - io non le ho viste.
Riguardo all'obbligo di frequenza, alla necessità cioè di essere presenti in aula per seguire e - soprattutto - mettere la firma sull'elenco che fanno girare volta per volta tra i banchi, posso dirvi che - come in qualsiasi altra facoltà - i corsi sono noiosi, pesanti e spesso inutili. Se poi ci aggiungete lezioni aggiuntive, laboratori, tirocini e burocratume vario da farsi firmare su un cavolo di libretto (che se te lo perdi fai prima a prendere un'altra laurea che a girarti tutti i docenti per fartelo ri-firmare) vi farete un'idea di quanto tempo bisogna impiegare solo per avere l'accesso a una prova di esame, senza cioè avere ancora aperto il libro e imparato una singola nozione.
Però non è tutto così negativo. La frequenza obbligatoria è per i 2 terzi delle presenze, per cui non è che bisogna esserci sempre (a parte per certe cose strane che ogni tanto si inventano, dove se non ci vai invece ti fanno più storie). Poi, detto senza giri di parole, non è che tutti i professori a queste firme ci stiano proprio così attenti al punto da fare una perizia calligrafica. Ci sono infine dei laboratori effettivamente bene attrezzati e alcune lezioni, dico alcune lezioni, così interessanti da ripagarti per le settecentomila ore che ti sembra di aver buttato: dopo 2 anni di Anatomia, Fisiologia e Biochimica ci hanno parlato del morbo di Parkinson, ed è stato un po' come mettere insieme i pezzi di un puzzle per capire come funziona - davvero - una malattia tanto complessa.
Molto spesso mi chiedono anche se gli esami di Medicina siano facili, difficili, medi o qualcos'altro. Venendo io da Ingegneria posso farvi un confronto solo con quel tipo di facoltà, perché ovviamente altre non ne conosco. Quello che posso dirvi è che - secondo me - a Medicina si studia di più che a Ingegneria (che già non è che sia questa facoltà dove si studia poco) ma poi gli esami si superano più facilmente.
Doversi mettere lì e ripetere anche MILLE PAGINE di roba da sapere completamente a memoria è una fatica terribile, e un esame come Anatomia, fatto di un infinito elenco di nomi e nozioni, in una facoltà come Ingegneria sarebbe inimmaginabile.
D'altro canto, a Ingegneria non è possibile che a un esame scritto ti chiedano "scrivere la formula di...". A Ingegneria le formule uno se le memorizzava nella calcolatrice (anche se in teoria le dovevi sapere a memoria) e lo scritto era fatto di una montagna di calcoli dove se sbagliavi un segno eri fottuto, e non è che bastava mettere qualche crocetta. Imparare a memoria è molto più faticoso rispetto a capire come si risolve un esercizio, ma alla fine è questione di pazienza: leggi un libro di 1000 pagine 1, 2, anche 10 volte, e a un certo punto lo sai perché il cervello funziona così. Non ci sono cose sulle quali puoi restare impantanato senza possibilità di scampo. Non ci sono dimostrazioni incomprensibili, funzioni che non si sa da dove arrivano o integrali impossibili da risolvere. Però i libri sono 4 volte più grossi, e già solo per portarseli appresso ci vuole un po' di coraggio. Insomma, tutto sommato, qualcuno si troverà meglio con un tipo di studio, e qualcuno avrà più facilità con un altro. Personalmente, e solo appunto personalmente, credo che le facoltà veramente difficili siano Matematica e Fisica, mentre sia Medicina che Ingegneria sono delle facoltà medie, con alcuni esami molto impegnativi ma che - bene o male - col giusto impegno (e un po' di fortuna) prima o poi si superano.
Poi più avanti inizierò a fare i tirocini in ospedale, e lì probabilmente le cose cambieranno un po'. Ma per ora non ne so nulla, e di più non vi so dire. Aspettate gli aggiornamenti futuri.
Qualcuno mi domanda anche se sia possibile lavorare e studiare allo stesso tempo. Io ho lasciato molto del mio vecchio lavoro, ma una parte continuo ancora a portarla avanti. Ho una situazione per cui posso decidere i tempi e i modi di quello che ho da fare, per cui posso per esempio andare a seguire la mattina e passare in ufficio il pomeriggio o vice-versa. La scrittura ne ha risentito un po' di più, visto che non ho più scritto romanzi. Ma alla fine non è che fosse un lavoro vero... o almeno credo. E poi scriverò un medical drama subito dopo la laurea.
Altre persone più grandi (poi ci arriveremo) si sono organizzate in maniera analoga. Chi riesce a spostare il lavoro tutto al pomeriggio, in genere, riesce anche a seguire (anche se poi non è detto che riesca a dare gli esami). Insomma con qualche difficoltà la cosa è fattibile. Però, se non potete permettervi di passare almeno a un part time, secondo me non riuscirete a portare avanti ogni cosa. Poi ho sentito di gente che si sveglia alle 5 di mattina per studiare, alle 8 porta i figli a scuola e poi va a lavoro: insomma, volere è potere e magari io sono solo più pigro di altri. Chiedete a loro.
Due parole, infine, sulla situazione dell'età: molti trentenni che pensano di riprendere l'università, infatti, hanno anche un po' paura di come si troveranno in mezzo a tanti ragazzi molto più giovani di loro. Alla fine, tutto sommato, studiare dopo i trent'anni è una cosa un po' strana, o almeno non comune, e certe cose invece si fanno meglio in gruppo.
Intanto, come accennato prima, Medicina è una facoltà che attira anche persone più attempate, e alla fine di 30, 40 o anche 60 enni ne troverete più d'uno. Non dico che noi vecchi siamo la maggioranza, ma un buon 10-15% del mio corso è fatto di persone alla seconda laurea o che comunque hanno deciso di iscriversi a questa facoltà molto dopo i canonici 18, 19 o 20 anni.
Poi sarà che i 20enni di oggi sono più svegli di come eravamo noi, ma con molti di loro questa differenza di età non la sento più di tanto. Inoltre l'università - e forse Medicina più di altri corsi - è comunque una situazione che definirei aggregante, e nel momento che ti trovi a dover sostenere un esame insieme ad altre persone è ovvio che tante altre differenze cadano comunque in secondo piano.
Infine cambia anche il rapporto coi professori: se a 20 anni ti sembrano tutti grandi, vecchi, cattivissimi e tutto sommato diversi, a 35 ci si trova a interagire in maniera differente. Capita di chiacchierare tranquillamente con alcuni di loro, o anche di andare in qualche locale la sera, conoscere amici di amici e scoprire che tra loro c'è un docente che prima o poi ti dovrà interrogare (e la cosa può farsi imbarazzante). Insomma questo fatto di essere più grande non è che si senta troppo, perché le occasioni di interagire con altre persone non mancano e l'età passa spesso in secondo piano. Certo, alle volte penso che quando avrò terminato avrò - forse - quarant'anni...
E certi numeri un pochino di paura la fanno.
Simone
12/06/10
Ebook o non ebook?
In giro si parla di ebook. Sì, se ne parlava già da un sacco di tempo, ma ora si stanno muovendo un po' tutti: autori emergenti che prima li snobbavano, editori piccoli, medi, grandi, enormi... e anche qualche multinazionale che prima faceva decisamente altro, ma che ha fiutato l'affare.
Ottimo. O meno ottimo, a seconda dei punti di vista. Intanto, vi ricordo che io continuo a non parlare più di scrittura emergente, libri autoprodotti e autori in cerca di pubblicazione, e che infatti qui si discute solo di ebook come mezzo e non come contenuto, se mai qualcuno sia davvero in grado di mettercene uno.
Ok, sì, lo ammetto: è un po' comunque come parlare di scrittori emergenti ed editoria in ogni caso, e mi sto arrampicando sugli specchi. Ma io farò comunque finta di essere rimasto sulle mie posizioni, e non mi rompete le palle.
Detto questo, ecco che penso degli ebook che stanno per uscire in massa, e di tutto quello a essi correlato:
I-pad e lettori: l'ipad per leggere gli ebook fa schifo, perché è retroilluminato e sotto il sole diverrete ciechi. O cechi, non ricordo mai come si scrive. L'ipad, per chi non lo sapesse, è come un portatilino uguale a quello che sto usando ora, solo che costa il triplo e non ha una tastiera per scriverci sul blog. Però è tipo un game boy all'ennesima potenza, per cui magari se me lo regalate non è che ci resto proprio male. Certo preferivo il gameboy 3D che sta per uscire, ma mi accontento.
Detto questo, l'ipad è anche l'unico lettore che ha senso di esistere, perché con quello che costano non mi compro un altro lettore e-ink che ci leggi gli ebook e basta, ma un coso della Apple che la gente lo guarda e ti dice "che figata!" anche se non sa a che cazzo serve. Così, almeno, farò la mia figura alle serate mondane.
Poi, cioè, con l'ipad puoi andare su Internet... wow! Così non devi portarti appresso un ingombrante cellulare. Se non si fosse capita, ero ironico.
Marketing e store online: secondo me, e sempre secondo me, visto che itunes è stata l'unica cosa che è riuscita a vendere gli mp3 (cioè, davvero qualcuno se li compra?) ebook tunes o come si chiamerà la versione Apple del negozio di libri online sarà l'unica cosa attraverso la quale la gente si comprerà gli ebook.
Unica fregatura, per uno che scrive in Italiano, sarà il fatto di un possibile bacino di lettori molto ridotto rispetto a quello internazionale che invece si ritroverà chi scrive in inglese. Vedremo molti più libri nostrani tradotti? Non lo so, vedremo.
Ebook autoprodotti: come dico ormai da anni, una volta che di roba da leggere ce ne sarà a tonnellate vorrà dire che scriversi e stamparsi (online) un ebook da solo, sarà come scriversi e stamparsi da soli un libro di carta (in tipografia). Visto che la gente avrà il super mega negozio gigante per scaricarsi i libri, o ancora meglio avrà emule per scaricarsi il nuovo best seller di Navarra (un tizio argentino che scrive peggio di me, ma cavoli è UNO SCRITTORE ARGENTINO, qui da noi farà il botto) per quale assurda stracazzo di ragione dovrebbero volersi leggere il libro di Navarra, quello vero (io), se non sanno nemmeno chi cavolo sono?
Cioè, ora vi faccio il disegno: le agenzie letterarie si rifiutano di leggere i miei libri anche se la lettura sarebbe sotto compenso (io do soldi a loro). Pronto? I vostri stupidi libri di scrittori mai sentiti nominale non se li leggono nemmeno se la gente la pagate, sai chissene frega se sono "solo" gratis? Se poi volete venderli, non so che cosa sperate: non è questione di bravura o qualità. La gente è attratta dalle aspettative, e il fatto che un testo sia proposto in un dato modo (a pagamento in un negozio di un mega produttore di hardware, o con sopra il nome di una tizia giapponese che scrive roba da triturarsi le palle, ma cavolo: e' GIAPPONESE!) è fondamentale.
Prezzo degli ebook: ho letto di quanto dovrebbe costare un ebook. Ora, secondo me dovrebbe costare meno di un libro cartaceo, ma è normale che non costi così tanto meno.
Cioè, alla fine uno compra il testo e il lavoro che c'è dietro, la forma cartacea o elettronica che sia non è parte del motivo per cui io acquisto un libro.
Poi però togli le spese di stampa e distribuzione (ma aggiungi comunque tutte le tasse e gabelle che rimangono) per cui insomma 10 euro un libro di carta e 5 euro un libro elettronico per me ci stanno. Fermo restando che, nel momento in cui devo davvero pagare, io mi compro un libro di carta best seller in versione economica che costa poco, e vaffanculo.
Vendita degli ebook: secondo me, le vendite saranno proporzionali a quelle dei libri. Ora all'estero la gente passerà al digitale più in fretta, qui ci vorrà più tempo, ma alla fine se un libro venderà stampato si venderà anche in forma digitale.
Vale anche il contrario: se nessuno compra la versione cartacea, quella digitale resterà ugualmente invenduta. Parlo di narrativa, eh, perché i manuali sono l'esatto opposto visto che le versioni elettroniche sono più pratiche. L'idea poi che un autore si autoproduca e autovenda non ha mai funzionato prima, figuriamoci se potrà funzionare quando il mercato sarà stra-saturo di roba digitale.
Cioè, vi dico le mie statistiche e poi voi fatevene quello che volete:
- Ebook scaricati gratuitamente dal mio sito in 3 anni: non lo so, direi 6000? 10 mila, forse, con tutte le varie sotto versioni. Ma forse sono molti di più, perché 2000 erano solo per Mozart di Atlantide... ok, comunque sia mi sembrano tanti.
- Libri stampati in Print on demand venduti: 2 o 3. E questi - invece - sembrano pochi.
- Donazioni ricevute quando c'era il tristissimo tasto "donate": 1, di un amico. Forse 2, ma credo 1.
- Ebook venduti: non ci ho mai provato. Una volta ho proposto un ebook in due versioni, una gratuita e una in vendita, con un contenuto aggiuntivo. La versione gratuita avrà fatto almeno 1000 scaricamenti, ma credo di più. La versione in vendita non l'ha comprata nessuno, e il contenuto aggiuntivo manco me lo ricordo più nemmeno io.
Comunque non ho mai messo un ebook semplicemente in vendita, per conto suo. Anche perché non esiste una struttura che lo renda facile e comodo per un autore che fa tutto da sé. Ora esisterà con gli store della Apple e delle società concorrenti, e ci si può provare. Magari sì, insomma, lo faccio. Però non mi aspetto nulla eh, giusto per vedere che succede.
Comunque per dirvi che, evidentemente, nel momento in cui chiedi soldi devi semplicemente proporti come un autore professionale. Questo vuol dire che ti serve un editore, ti serve una grafica, ti serve la pubblicità, ti serve un negozio decente. Ti servono insomma tante cose che da solo non puoi fare, perché non è che sia impossibile ma una persona normale ha anche una cazzo di vita propria, oltre al fatto di mettere ebook su un sito, e se chi fa da sé fa per tre - come dice il proverbio - allora 3 persone che fanno le cose è come se fossero 3x3 nove. Sempre se il proverbio non l'ho capito male.
Resta insomma il solito problema: ebook o carta che sia, il guaio è che ti serve un editore in grado di fare quello che va fatto, o comunque una struttura che ti sostenga. Ora che gli ebook andranno di moda l'editore ti servirà ancora di più, perché la roba fatta in casa imploderà in un mare di pubblicità, opzioni, gingle e pupazzetti online che ci verranno smitragliati contro dalle solite case enormi, e i nostri sitarelli solitari saranno tipo le bottiglie dei naufraghi che galleggiano in mezzo a un oceano in cui non ci sarà ombra di vita.
Il fatto è che al momento gli editori italiani sono defunti e sepolti. Come dicevo, gli agenti letterari i libri non li leggono nemmeno sotto pagamento, gli editori piccoli non pubblicano a priori cose che non sono nei binari delle loro collane (fantasy per bambini, thriller e sesso) gli editori grandi se hai culo ti leggono. Se ho culo vinco pure al superenalotto... magari mi conviene di più tentare quello.
Certo, ora il formato ebook, più facile e soprattutto economico da proporre, potrebbe aprire a quei generi e a quegli scrittori che ora sembrano più rischiosi. Anche questo è da vedere, comunque è forse l'aspetto più interessante di questa specie di rivoluzione che stiamo vivendo.
Non credo poi che all'estero le cose vadano diversamente. Ci sono certe persone che parlano con convinzione di farsi tradurre per avere successo nel mondo anglofono. Secondo me lì la situazione è identica, perché ci saranno più editori ma anche gli scrittori sono centuplicati. E per di più hai un libro tradotto da chissà chi, o addirittura che ti sei tradotto per conto tuo, e che magari è quasi illegibile. Perché non è che se traduci un libro parola per parola poi suona bene come la versione originale, anche se l'inglese lo conosci perfettamente. E non è che se dici a un editore americano "propongo questo libro a lei perché in Italia non l'ha voluto nessuno" ci fai proprio una bella figura.
Ma la gente sogna e vaga in un mondo fatto di preconcetti, assunzioni e realtà male interpretate. Ad aprire gli occhi forse lì per lì fa un po' male, ma poi almeno capisci che cazzo stai combinando e magari riesci pure a sterzare prima di schiantarti da qualche parte. Ah, ma che bella frase: si vede che sono uno scrittore, no?
Comunque, insomma, per rispondere alla domanda del titolo. Ebook, o non Ebook? Per quanto mi riguarda, tutto sommato, è uguale. Cambia il contenuto, cambia la forma e cambia il supporto col quale possiamo leggerli.
Ma in fondo, sempre di libri stiamo parlando. Ed è sempre la solita storia.
Simone
Ottimo. O meno ottimo, a seconda dei punti di vista. Intanto, vi ricordo che io continuo a non parlare più di scrittura emergente, libri autoprodotti e autori in cerca di pubblicazione, e che infatti qui si discute solo di ebook come mezzo e non come contenuto, se mai qualcuno sia davvero in grado di mettercene uno.
Ok, sì, lo ammetto: è un po' comunque come parlare di scrittori emergenti ed editoria in ogni caso, e mi sto arrampicando sugli specchi. Ma io farò comunque finta di essere rimasto sulle mie posizioni, e non mi rompete le palle.
Detto questo, ecco che penso degli ebook che stanno per uscire in massa, e di tutto quello a essi correlato:
I-pad e lettori: l'ipad per leggere gli ebook fa schifo, perché è retroilluminato e sotto il sole diverrete ciechi. O cechi, non ricordo mai come si scrive. L'ipad, per chi non lo sapesse, è come un portatilino uguale a quello che sto usando ora, solo che costa il triplo e non ha una tastiera per scriverci sul blog. Però è tipo un game boy all'ennesima potenza, per cui magari se me lo regalate non è che ci resto proprio male. Certo preferivo il gameboy 3D che sta per uscire, ma mi accontento.
Detto questo, l'ipad è anche l'unico lettore che ha senso di esistere, perché con quello che costano non mi compro un altro lettore e-ink che ci leggi gli ebook e basta, ma un coso della Apple che la gente lo guarda e ti dice "che figata!" anche se non sa a che cazzo serve. Così, almeno, farò la mia figura alle serate mondane.
Poi, cioè, con l'ipad puoi andare su Internet... wow! Così non devi portarti appresso un ingombrante cellulare. Se non si fosse capita, ero ironico.
Marketing e store online: secondo me, e sempre secondo me, visto che itunes è stata l'unica cosa che è riuscita a vendere gli mp3 (cioè, davvero qualcuno se li compra?) ebook tunes o come si chiamerà la versione Apple del negozio di libri online sarà l'unica cosa attraverso la quale la gente si comprerà gli ebook.
Unica fregatura, per uno che scrive in Italiano, sarà il fatto di un possibile bacino di lettori molto ridotto rispetto a quello internazionale che invece si ritroverà chi scrive in inglese. Vedremo molti più libri nostrani tradotti? Non lo so, vedremo.
Ebook autoprodotti: come dico ormai da anni, una volta che di roba da leggere ce ne sarà a tonnellate vorrà dire che scriversi e stamparsi (online) un ebook da solo, sarà come scriversi e stamparsi da soli un libro di carta (in tipografia). Visto che la gente avrà il super mega negozio gigante per scaricarsi i libri, o ancora meglio avrà emule per scaricarsi il nuovo best seller di Navarra (un tizio argentino che scrive peggio di me, ma cavoli è UNO SCRITTORE ARGENTINO, qui da noi farà il botto) per quale assurda stracazzo di ragione dovrebbero volersi leggere il libro di Navarra, quello vero (io), se non sanno nemmeno chi cavolo sono?
Cioè, ora vi faccio il disegno: le agenzie letterarie si rifiutano di leggere i miei libri anche se la lettura sarebbe sotto compenso (io do soldi a loro). Pronto? I vostri stupidi libri di scrittori mai sentiti nominale non se li leggono nemmeno se la gente la pagate, sai chissene frega se sono "solo" gratis? Se poi volete venderli, non so che cosa sperate: non è questione di bravura o qualità. La gente è attratta dalle aspettative, e il fatto che un testo sia proposto in un dato modo (a pagamento in un negozio di un mega produttore di hardware, o con sopra il nome di una tizia giapponese che scrive roba da triturarsi le palle, ma cavolo: e' GIAPPONESE!) è fondamentale.
Prezzo degli ebook: ho letto di quanto dovrebbe costare un ebook. Ora, secondo me dovrebbe costare meno di un libro cartaceo, ma è normale che non costi così tanto meno.
Cioè, alla fine uno compra il testo e il lavoro che c'è dietro, la forma cartacea o elettronica che sia non è parte del motivo per cui io acquisto un libro.
Poi però togli le spese di stampa e distribuzione (ma aggiungi comunque tutte le tasse e gabelle che rimangono) per cui insomma 10 euro un libro di carta e 5 euro un libro elettronico per me ci stanno. Fermo restando che, nel momento in cui devo davvero pagare, io mi compro un libro di carta best seller in versione economica che costa poco, e vaffanculo.
Vendita degli ebook: secondo me, le vendite saranno proporzionali a quelle dei libri. Ora all'estero la gente passerà al digitale più in fretta, qui ci vorrà più tempo, ma alla fine se un libro venderà stampato si venderà anche in forma digitale.
Vale anche il contrario: se nessuno compra la versione cartacea, quella digitale resterà ugualmente invenduta. Parlo di narrativa, eh, perché i manuali sono l'esatto opposto visto che le versioni elettroniche sono più pratiche. L'idea poi che un autore si autoproduca e autovenda non ha mai funzionato prima, figuriamoci se potrà funzionare quando il mercato sarà stra-saturo di roba digitale.
Cioè, vi dico le mie statistiche e poi voi fatevene quello che volete:
- Ebook scaricati gratuitamente dal mio sito in 3 anni: non lo so, direi 6000? 10 mila, forse, con tutte le varie sotto versioni. Ma forse sono molti di più, perché 2000 erano solo per Mozart di Atlantide... ok, comunque sia mi sembrano tanti.
- Libri stampati in Print on demand venduti: 2 o 3. E questi - invece - sembrano pochi.
- Donazioni ricevute quando c'era il tristissimo tasto "donate": 1, di un amico. Forse 2, ma credo 1.
- Ebook venduti: non ci ho mai provato. Una volta ho proposto un ebook in due versioni, una gratuita e una in vendita, con un contenuto aggiuntivo. La versione gratuita avrà fatto almeno 1000 scaricamenti, ma credo di più. La versione in vendita non l'ha comprata nessuno, e il contenuto aggiuntivo manco me lo ricordo più nemmeno io.
Comunque non ho mai messo un ebook semplicemente in vendita, per conto suo. Anche perché non esiste una struttura che lo renda facile e comodo per un autore che fa tutto da sé. Ora esisterà con gli store della Apple e delle società concorrenti, e ci si può provare. Magari sì, insomma, lo faccio. Però non mi aspetto nulla eh, giusto per vedere che succede.
Comunque per dirvi che, evidentemente, nel momento in cui chiedi soldi devi semplicemente proporti come un autore professionale. Questo vuol dire che ti serve un editore, ti serve una grafica, ti serve la pubblicità, ti serve un negozio decente. Ti servono insomma tante cose che da solo non puoi fare, perché non è che sia impossibile ma una persona normale ha anche una cazzo di vita propria, oltre al fatto di mettere ebook su un sito, e se chi fa da sé fa per tre - come dice il proverbio - allora 3 persone che fanno le cose è come se fossero 3x3 nove. Sempre se il proverbio non l'ho capito male.
Resta insomma il solito problema: ebook o carta che sia, il guaio è che ti serve un editore in grado di fare quello che va fatto, o comunque una struttura che ti sostenga. Ora che gli ebook andranno di moda l'editore ti servirà ancora di più, perché la roba fatta in casa imploderà in un mare di pubblicità, opzioni, gingle e pupazzetti online che ci verranno smitragliati contro dalle solite case enormi, e i nostri sitarelli solitari saranno tipo le bottiglie dei naufraghi che galleggiano in mezzo a un oceano in cui non ci sarà ombra di vita.
Il fatto è che al momento gli editori italiani sono defunti e sepolti. Come dicevo, gli agenti letterari i libri non li leggono nemmeno sotto pagamento, gli editori piccoli non pubblicano a priori cose che non sono nei binari delle loro collane (fantasy per bambini, thriller e sesso) gli editori grandi se hai culo ti leggono. Se ho culo vinco pure al superenalotto... magari mi conviene di più tentare quello.
Certo, ora il formato ebook, più facile e soprattutto economico da proporre, potrebbe aprire a quei generi e a quegli scrittori che ora sembrano più rischiosi. Anche questo è da vedere, comunque è forse l'aspetto più interessante di questa specie di rivoluzione che stiamo vivendo.
Non credo poi che all'estero le cose vadano diversamente. Ci sono certe persone che parlano con convinzione di farsi tradurre per avere successo nel mondo anglofono. Secondo me lì la situazione è identica, perché ci saranno più editori ma anche gli scrittori sono centuplicati. E per di più hai un libro tradotto da chissà chi, o addirittura che ti sei tradotto per conto tuo, e che magari è quasi illegibile. Perché non è che se traduci un libro parola per parola poi suona bene come la versione originale, anche se l'inglese lo conosci perfettamente. E non è che se dici a un editore americano "propongo questo libro a lei perché in Italia non l'ha voluto nessuno" ci fai proprio una bella figura.
Ma la gente sogna e vaga in un mondo fatto di preconcetti, assunzioni e realtà male interpretate. Ad aprire gli occhi forse lì per lì fa un po' male, ma poi almeno capisci che cazzo stai combinando e magari riesci pure a sterzare prima di schiantarti da qualche parte. Ah, ma che bella frase: si vede che sono uno scrittore, no?
Comunque, insomma, per rispondere alla domanda del titolo. Ebook, o non Ebook? Per quanto mi riguarda, tutto sommato, è uguale. Cambia il contenuto, cambia la forma e cambia il supporto col quale possiamo leggerli.
Ma in fondo, sempre di libri stiamo parlando. Ed è sempre la solita storia.
Simone
10/06/10
Un posto tranquillo.
La decisione di mollare con gli sproloqui su scrittura o scrittori (o aspiranti tali) ho iniziato a "pagarla" fin dallo scorso anno, quando ho semplicemente cambiato nome al blog.
Lo scrittore emergente aveva 300 visitatori al giorno, con punte di 1000 (mille) per qualche post ben piazzato su qualche aggregatore. 300 lettori per un sito grosso non sono nulla, ma per me erano un casino. Roba da non riuscire quasi nemmeno a rispondere a tutti i commenti.
Il mondo quasi nuovo, il blog non più direttamente dedicato alla scrittura, non ha mai superato i 100, 150 visitatori al massimo. Un calo del 60% solo per aver chiesto ai visitatori di fare un click in più.
Ora qui, sul mio semplice blog da scrittore che vorrebbe fare lo scrittore senza più limitarsi a parlarne, ogni nuovo post di visite ne riceve 50, massimo 80 quando succede il miracolo.
Insomma, il problema è evidente, o meglio è evidente la mia incapacità di aumentare visitatori senza tornare sempre a battere sull'unico tasto che funzionava (come diventare uno scrittore e il mondo malvagio dell'editoria). Le cause, credo, dovrebbero essere più o meno le seguenti:
- Il blog "generalista" non funziona tanto: chi cerca "simone maria navarra" su google se nemmeno sa che esisto? Se mi chiamavo Gratis Porno Video era un'altra storia... se volete un figlio scrittore famoso, chiamatelo così.
- Non faccio più spam e pubblicità da tempo. Non parlando più di scrittura non so nemmeno tanto a chi rivolgermi, e di rompere i coglioni su facebook come fanno in tanti mi vergogno pure un po', e in genere lascio perdere. Poi su facebook ho pure gli amici "veri", parenti e gente che frequento di persona... cioè, devo pure stare attento a quello che scrivo, che mi conoscono!
- Gli aggiornamenti latitano. Ma a scrivere cose intelligenti ci vuole più tempo che a scrivere cose senza senso, e come già detto l'idea era di cambiare tema. Io non c'ho voglia di aggiornare solo per dirvi che ho visto un film che era brutto, che un certo editore/autore/politico è stronzo o che tra un po' esce supermario nuovo. E poi sono sempre sotto esami, e già per aver scritto questo post ho perso un sacco di tempo e a Fisiologia andrò malissimo.
- Non si capisce di cosa parla il blog. Cioè, io parlo di seconde lauree e università dopo i 30 anni (idea ottima), croce rossa e volontariato (altra idea ottima) e più o meno della vita di un trentenne (quasi) comune in cui qualcuno potrebbe riconoscersi (ok, idea meno ottima... ma è un idea).
Il fatto è che i contenuti mi sembrano interessanti, ma non credo che siano chiari a chi passa di qui per sbaglio, e tanti lettori se ne vanno anche se invece magari sarebbero rimasti. Qui dovrei lavorare meglio su titolo, sfondo, parole chiave... oppure dovrei aprire un blog sull'università e uno sulla Croce Rossa. Così avrò 2 blog che non aggiorno, oltre a questo...
Il problema è che certe cose, pubblicità, marketing, product placement, si fanno meglio in tanti e con un esperto o qualcuno che ti aiuta alle spalle. Ma qui ormai si cercano solo prodotti editoriali, mentre gli autori si ritrovano soli e abbandonati, anche quelli bravi davvero che hanno pubblicato con M e con F, ma che poi ogni nuovo libro è sempre quasi come se fosse il primo.
Insomma io non sono capace a proporre meglio le cose che scrivo, per cui questo è e questo - temo - rimane.
- La rete è implosa. Davvero, dopo un inizio aperto all'innovazione, ai nuovi autori, alla libertà di opinione e alla pornografia gratuita ora siamo schiacciati da una mole tale di informazioni, notizie e messaggi che trovare qualcosa che interessi è diventato impossibile e nella quale emergono sempre i soliti discorsi.
Se si vuole aprire una discussione, l'unica è o scrivere degli insulti generici sul capo del governo (chiunque sia ora e chiunque sarà quando leggerete questo post), o lamentarsi passivamente di problemi che magari nemmeno esistono con un atteggiamento polemico e saccente di chi risolverebbe tutto in pochi minuti perché sono tutti stupidi tranne lui.
Ormai come dicevo la rete non mi convince più tanto, e che qualcuno legga gli ebook "regalati" online ci credo poco. Una cosa la leggi perché ti interessa, non perché è gratis, e una cosa ti interessa se si distingue nel mare della mediocrità, nel quale invece è naufragato un po' tutto il web.
Ma io non sono tanto colto, tanto intelligente e tanto "meglio" da dare consigli a nessuno o da distinguermi e brillare di luce autoprodotta. Io parlo della mia vita e delle mie cose, e di stare lì a insultare e litigare in continuazione mi sono rotto, mentre di provare a farmi notare più di tutti - probabilmente - nemmeno sono capace.
Per me, adesso, il web è diventato questo: un posto dove scrivere in maniera "aperta" le mie cose. Se qualcuno le legge e le commenta mi fa piacere, ma non credo più tanto alla scrittura online, alla roba "libera" e all'autore che viene letto perché è "bravo". Io per primo passo più tempo su facebook che a leggere roba seria, non posso pretendere che lo facciano gli altri al posto mio.
Per me la rete va bene per i principianti. Per chi vuole imparare a scrivere, per chi scrive per hobby o per chi ancora vive di illusioni e sogni che non ha il coraggio di provare a realizzare. Passato un certo livello, quando di corsi di scrittura e concorsi per raccontini non ne puoi proprio più, resta solo un blog personale di un autore, per chi vuole conoscerlo meglio.
Io insomma sono qua, e questo è il mio blog. Un blog molto tranquillo.
Che però, comunque, non è che sia brutto eh...
Per cui, quando aggiorno, leggetevelo! ^^
Simone
Lo scrittore emergente aveva 300 visitatori al giorno, con punte di 1000 (mille) per qualche post ben piazzato su qualche aggregatore. 300 lettori per un sito grosso non sono nulla, ma per me erano un casino. Roba da non riuscire quasi nemmeno a rispondere a tutti i commenti.
Il mondo quasi nuovo, il blog non più direttamente dedicato alla scrittura, non ha mai superato i 100, 150 visitatori al massimo. Un calo del 60% solo per aver chiesto ai visitatori di fare un click in più.
Ora qui, sul mio semplice blog da scrittore che vorrebbe fare lo scrittore senza più limitarsi a parlarne, ogni nuovo post di visite ne riceve 50, massimo 80 quando succede il miracolo.
Insomma, il problema è evidente, o meglio è evidente la mia incapacità di aumentare visitatori senza tornare sempre a battere sull'unico tasto che funzionava (come diventare uno scrittore e il mondo malvagio dell'editoria). Le cause, credo, dovrebbero essere più o meno le seguenti:
- Il blog "generalista" non funziona tanto: chi cerca "simone maria navarra" su google se nemmeno sa che esisto? Se mi chiamavo Gratis Porno Video era un'altra storia... se volete un figlio scrittore famoso, chiamatelo così.
- Non faccio più spam e pubblicità da tempo. Non parlando più di scrittura non so nemmeno tanto a chi rivolgermi, e di rompere i coglioni su facebook come fanno in tanti mi vergogno pure un po', e in genere lascio perdere. Poi su facebook ho pure gli amici "veri", parenti e gente che frequento di persona... cioè, devo pure stare attento a quello che scrivo, che mi conoscono!
- Gli aggiornamenti latitano. Ma a scrivere cose intelligenti ci vuole più tempo che a scrivere cose senza senso, e come già detto l'idea era di cambiare tema. Io non c'ho voglia di aggiornare solo per dirvi che ho visto un film che era brutto, che un certo editore/autore/politico è stronzo o che tra un po' esce supermario nuovo. E poi sono sempre sotto esami, e già per aver scritto questo post ho perso un sacco di tempo e a Fisiologia andrò malissimo.
- Non si capisce di cosa parla il blog. Cioè, io parlo di seconde lauree e università dopo i 30 anni (idea ottima), croce rossa e volontariato (altra idea ottima) e più o meno della vita di un trentenne (quasi) comune in cui qualcuno potrebbe riconoscersi (ok, idea meno ottima... ma è un idea).
Il fatto è che i contenuti mi sembrano interessanti, ma non credo che siano chiari a chi passa di qui per sbaglio, e tanti lettori se ne vanno anche se invece magari sarebbero rimasti. Qui dovrei lavorare meglio su titolo, sfondo, parole chiave... oppure dovrei aprire un blog sull'università e uno sulla Croce Rossa. Così avrò 2 blog che non aggiorno, oltre a questo...
Il problema è che certe cose, pubblicità, marketing, product placement, si fanno meglio in tanti e con un esperto o qualcuno che ti aiuta alle spalle. Ma qui ormai si cercano solo prodotti editoriali, mentre gli autori si ritrovano soli e abbandonati, anche quelli bravi davvero che hanno pubblicato con M e con F, ma che poi ogni nuovo libro è sempre quasi come se fosse il primo.
Insomma io non sono capace a proporre meglio le cose che scrivo, per cui questo è e questo - temo - rimane.
- La rete è implosa. Davvero, dopo un inizio aperto all'innovazione, ai nuovi autori, alla libertà di opinione e alla pornografia gratuita ora siamo schiacciati da una mole tale di informazioni, notizie e messaggi che trovare qualcosa che interessi è diventato impossibile e nella quale emergono sempre i soliti discorsi.
Se si vuole aprire una discussione, l'unica è o scrivere degli insulti generici sul capo del governo (chiunque sia ora e chiunque sarà quando leggerete questo post), o lamentarsi passivamente di problemi che magari nemmeno esistono con un atteggiamento polemico e saccente di chi risolverebbe tutto in pochi minuti perché sono tutti stupidi tranne lui.
Ormai come dicevo la rete non mi convince più tanto, e che qualcuno legga gli ebook "regalati" online ci credo poco. Una cosa la leggi perché ti interessa, non perché è gratis, e una cosa ti interessa se si distingue nel mare della mediocrità, nel quale invece è naufragato un po' tutto il web.
Ma io non sono tanto colto, tanto intelligente e tanto "meglio" da dare consigli a nessuno o da distinguermi e brillare di luce autoprodotta. Io parlo della mia vita e delle mie cose, e di stare lì a insultare e litigare in continuazione mi sono rotto, mentre di provare a farmi notare più di tutti - probabilmente - nemmeno sono capace.
Per me, adesso, il web è diventato questo: un posto dove scrivere in maniera "aperta" le mie cose. Se qualcuno le legge e le commenta mi fa piacere, ma non credo più tanto alla scrittura online, alla roba "libera" e all'autore che viene letto perché è "bravo". Io per primo passo più tempo su facebook che a leggere roba seria, non posso pretendere che lo facciano gli altri al posto mio.
Per me la rete va bene per i principianti. Per chi vuole imparare a scrivere, per chi scrive per hobby o per chi ancora vive di illusioni e sogni che non ha il coraggio di provare a realizzare. Passato un certo livello, quando di corsi di scrittura e concorsi per raccontini non ne puoi proprio più, resta solo un blog personale di un autore, per chi vuole conoscerlo meglio.
Io insomma sono qua, e questo è il mio blog. Un blog molto tranquillo.
Che però, comunque, non è che sia brutto eh...
Per cui, quando aggiorno, leggetevelo! ^^
Simone
04/06/10
Seconda laurea in medicina: arrivano gli esami estivi... ma soprattutto arriva Biochimica!
Dopo il meraviglioso periodo di tranquillità seguito all'aver superato l'esame di Anatomia, è iniziata la sessione estiva e io sono di nuovo sotto esami.
A questo "giro" mi toccano Fisiologia, Microbiologia e Biochimica, oltre a qualche rottura di palle essenzialmente burocratica del tipo: scrivi il curriculum in inglese di come sarai 5 anni dopo la laurea, se no non ti iscriviamo al terzo anno. Ma io il CV in inglese l'ho scritto dopo che di anni ne erano passati 10, e soprattutto non era la laurea che vogliono loro: mi sa che mi toccherà aggiornarlo, o dis-aggiornarlo, che forse è il termine più adatto.
Tra una settimana insomma c'è Fisiologia, che per quanto potrà dirmi sfiga ormai l'ho studiata e amen: a rileggerla e ridarla a tutti gli appelli non ci metto niente, ci sono esami molto più pesanti e noiosi di questo. Poi Microbiologia che è una palla (saranno 700 pagine di nomi di batteri tutti quasi identici, e quel quasi ovviamente è la cosa che devi ricordare) penso di tenermela per Settembre, mentre il problema vero sarà Biochimica.
Biochimica è un po' come la Meccanica Razionale di Ingegneria: prendi un insieme di argomenti che sapevi già (tipo Fisica e Analisi, o Chimica e Biologia) selezioni tutte le cose che sono allo stesso tempo difficili da ricordare e più inutili da sapere, e poi fai un esame pignolissimo dove bocciano tutti. Meno male che certi professori che c'erano a Ingegneria qui non esistono, o forse - visto che alcuni hanno la mia età - fanno solo un po' meno paura... comunque la materia è quella che è, e sarà un massacro di notti passate sui libri e fine settimana estivi chiusi in casa a studiare.
Ma c'è anche un lato positivo... e anzi due: il primo è che inizio effettivamente a capirci qualcosa. Al TG intervistano uno che dice, magari: questo farmaco è un antagonista di questa cosa che si lega su questo recettore e bla bla bla, e io capisco (più o meno) di cosa stanno parlando. Che poi da un punto di vista puramente pratico non cambia nulla (nessuno mi ha mai insegnato, per dire, a prendere nemmeno la pressione o altre cose che alla Croce Rossa fai dopo un mese) ma la sensazione di stare arrivando da qualche parte - effettivamente - c'è tutta.
Il secondo lato positivo è che, terminato questo orribile secondo anno fatto di esami di migliaia di pagine da sapere a memoria, poi dall'anno prossimo - almeno da quanto ho capito - il carico di studio si abbassa un po', e soprattutto si inizia ad andare in reparto.
La cosa di andare in ospedale, o comunque di incontrare dei pazienti non più nel ruolo di Volontario del Soccorso ma nel ruolo di Studente di Medicina, era più o meno quello che volevo quando mi sono iscritto all'università. Stare lì e fare anche le stesse cose che faccio con la CRI, solo con l'idea di imparare continuamente qualcosa e di perseguire un traguardo che può essere la laurea, diventare medico o - semplicemente - capire qualcosa di più di quello che sto facendo.
E insomma, vista così questo pare davvero l'ultimo sforzo prima del primo traguardo. Poi ci saranno altri traguardi e soprattutto altri sforzi da fare, ma tutto sommato ora c'è questo e agli altri penserò quando sarà il momento.
E ora ho già perso troppo tempo ad aggiornare il blog, per cui me ne torno a studiare.
Simone
A questo "giro" mi toccano Fisiologia, Microbiologia e Biochimica, oltre a qualche rottura di palle essenzialmente burocratica del tipo: scrivi il curriculum in inglese di come sarai 5 anni dopo la laurea, se no non ti iscriviamo al terzo anno. Ma io il CV in inglese l'ho scritto dopo che di anni ne erano passati 10, e soprattutto non era la laurea che vogliono loro: mi sa che mi toccherà aggiornarlo, o dis-aggiornarlo, che forse è il termine più adatto.
Tra una settimana insomma c'è Fisiologia, che per quanto potrà dirmi sfiga ormai l'ho studiata e amen: a rileggerla e ridarla a tutti gli appelli non ci metto niente, ci sono esami molto più pesanti e noiosi di questo. Poi Microbiologia che è una palla (saranno 700 pagine di nomi di batteri tutti quasi identici, e quel quasi ovviamente è la cosa che devi ricordare) penso di tenermela per Settembre, mentre il problema vero sarà Biochimica.
Biochimica è un po' come la Meccanica Razionale di Ingegneria: prendi un insieme di argomenti che sapevi già (tipo Fisica e Analisi, o Chimica e Biologia) selezioni tutte le cose che sono allo stesso tempo difficili da ricordare e più inutili da sapere, e poi fai un esame pignolissimo dove bocciano tutti. Meno male che certi professori che c'erano a Ingegneria qui non esistono, o forse - visto che alcuni hanno la mia età - fanno solo un po' meno paura... comunque la materia è quella che è, e sarà un massacro di notti passate sui libri e fine settimana estivi chiusi in casa a studiare.
Ma c'è anche un lato positivo... e anzi due: il primo è che inizio effettivamente a capirci qualcosa. Al TG intervistano uno che dice, magari: questo farmaco è un antagonista di questa cosa che si lega su questo recettore e bla bla bla, e io capisco (più o meno) di cosa stanno parlando. Che poi da un punto di vista puramente pratico non cambia nulla (nessuno mi ha mai insegnato, per dire, a prendere nemmeno la pressione o altre cose che alla Croce Rossa fai dopo un mese) ma la sensazione di stare arrivando da qualche parte - effettivamente - c'è tutta.
Il secondo lato positivo è che, terminato questo orribile secondo anno fatto di esami di migliaia di pagine da sapere a memoria, poi dall'anno prossimo - almeno da quanto ho capito - il carico di studio si abbassa un po', e soprattutto si inizia ad andare in reparto.
La cosa di andare in ospedale, o comunque di incontrare dei pazienti non più nel ruolo di Volontario del Soccorso ma nel ruolo di Studente di Medicina, era più o meno quello che volevo quando mi sono iscritto all'università. Stare lì e fare anche le stesse cose che faccio con la CRI, solo con l'idea di imparare continuamente qualcosa e di perseguire un traguardo che può essere la laurea, diventare medico o - semplicemente - capire qualcosa di più di quello che sto facendo.
E insomma, vista così questo pare davvero l'ultimo sforzo prima del primo traguardo. Poi ci saranno altri traguardi e soprattutto altri sforzi da fare, ma tutto sommato ora c'è questo e agli altri penserò quando sarà il momento.
E ora ho già perso troppo tempo ad aggiornare il blog, per cui me ne torno a studiare.
Simone
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