26/10/10

Il primo giorno di tirocinio.

Il 7 Ottobre 2010, dopo il test di ammissione, due anni di frequenza obbligatoria e migliaia di ore passate a ingobbirmi e inquartarmi sui libri, dopo insomma un percorso lento e pesante che sembrava non finire mai, è finalmente il momento di entrare in ospedale per partecipare al mio primo tirocinio.

L'appuntamento è alle 9 meno un quarto fuori dal Policlinico, e come da copione prima arrivo in ritardo e poi mi perdo per cercare gli altri. Per fortuna qualcuno viene a prendermi mentre sto vagando per il piano sbagliato del padiglione giusto (tutto sommato, ci avevo quasi preso) e faccio in tempo a sentire gli ultimi momenti della presentazione che l'assistente del professore sta facendo: una volta sistemate le formalità iniziali saremo divisi in gruppi di 3 o 4 persone, e ci porteranno a vedere dei pazienti.

Mentre indossiamo il camice, mi sento un pochino a disagio: alcuni studenti sembrano già dei mezzi primari, con tanto di fonendoscopio attorno al collo e l'aspetto da dottore figo. Io invece penso che per i docenti resto uno che non sa fare nulla, mentre per i pazienti un camice vale l'altro e poi chissà che cosa si aspettano. Non essere né carne e né pesce è una situazione che ho sempre detestato, e io il fonendoscopio me lo metto in tasca.

Una volta pronti, come preventivato, ci dividono in vari gruppetti e ci accompagnano in un reparto.

Nelle mie fantasie di studente, che credo assomiglino alle fantasie di tutti, il tirocinio in ospedale è un qualcosa in cui tre o quattro dottori usciti da qualche serie televisiva visitano, diagnosticano, operano e dimettono pazienti alla velocità della luce, mentre con l'altra mano spiegano a me (il rapporto sarebbe di uno studente ogni cinque docenti) quello che stanno facendo. Una o due giornate di riscaldamento, e poi inizio a fare tutto io mentre loro controllano appena un po' in disparte. Al terzo giorno mi danno direttamente la laurea, poi un week end di vacanza ed eccoci già belli e pronti per iniziare la specializzazione.

La realtà è che l'assistente ci porta in una camera con dei letti e due signore ricoverate. Questi sono i pazienti – ci dice, mentre praticamente sta già uscendo dalla stanza – voi fate l'anamnesi, e poi ci rivediamo tra una mezz'ora.

Non dico che sia un momento di vero e proprio panico, ma comunque io e gli altri tirocinanti ci scambiamo degli sguardi come per dire: e mo', che se inventamo?! Tra l'altro non avrò tutta questa esperienza ma – secondo me – quando fai certe espressioni di fronte a loro, non è detto che i pazienti si sentano particolarmente rassicurati. Sul momento, io penso che ho sempre il fonendoscopio in tasca e visto che per quanto ne so anamnesi e visita medica potrebbero essere la stessa cosa (e tutt'ora non escludo che lo siano) potrei pensare di cavarmela ascoltando il battito cardiaco e facendo finta di capirci qualcosa. Il problema è che ho appena scoperto che il fonendoscopio ha un verso con cui va inserito nelle orecchie, ma nessuno mi ha mai spiegato nemmeno da che parte va infilato. Insomma: meglio lasciar perdere.

Nonostante le premesse, in qualche modo ce la caviamo: chiediamo l'età, motivi del ricovero, interventi subiti, sintomi, farmaci e un po' tutto quello che ricordiamo dalle lezioni fatte in aula o che - semplicemente - ci viene in mente lì per lì, evitando solo di chiedere nome e cognome perché a detta di alcuni membri del gruppo (gli altri due) corriamo il rischio di violare la privacy. Secondo me non è raro che un medico chieda a qualcuno come si chiama, comunque lasciamo perdere: alla fine scriviamo tutto quello che riusciamo a scoprire, io li chiamo Paziente 1 e Paziente 2, e poi vedremo che ci dirà l'assistente. Fortunatamente, in tutto questo le signore sono gentilissime: hanno capito la situazione, e sembra che stiano un po' al gioco. Una di loro aveva un morbo di non so chi - che non ho capito - ma visto che chiedergli di fare lo spelling mi pareva poco professionale mi sono limitato ad annuire e a scarabocchiare qualcosa, dandomi il tono di chi ha tutto sotto controllo.

Alla fine esce fuori che ho già una prima laurea (visto che la mia, di privacy, evidentemente è sacrificabile alla causa). E se da un lato le mie pazienti mi fanno un sacco di complimenti e mi dicono che sono bello e bravo, dall'altro il nostro ruolo sanitario diventa sempre più improbabile. Alla fine, qualcuno del personale ci fa notare che quel reparto è piccolo, che siamo in tanti e visto che loro poverini hanno da lavorare potremmo anche andarci a prendere un caffè. Che poi arriverà il momento in cui se non ci siamo noi sembrerà che debbano chiudere l'ospedale, e guai solo ad andare in bagno per cinque minuti: su questo, ci potrei scommettere.

Insomma, lasciamo il reparto. Io insieme al caffè ci metto pure una sigaretta, e poi andiamo in un'aula insieme all'assistente di prima. Questa parte della giornata mi pare più interessante: ci viene mostrato come controllare il collo e la testa di un paziente, poi lo proviamo a gruppetti su di noi e dopo un po' ci raggiunge anche il professore, che stava operando. Con lui facciamo una specie di gioco per imparare a riconoscere e classificare le tumefazioni, e poi commentiamo le anamnesi fatte in precedenza: viene fuori che il morbo misterioso di cui ho parlato prima aveva causato un'aumentata produzione degli ormoni tiroidei, dalla quale era conseguito un aumento dei recettori beta adrenergici sul muscolo cardiaco che – in ultima istanza – era alla base dell'ipertensione di cui soffriva la paziente.

In realtà è tutto ancora un po' più complicato di così, ma tutto sommato penso di aver reso almeno l'idea. E mentre il professore va avanti con la spiegazione, io mi domando se quando sarà il momento riuscirò mai a ricordami tutte queste cose, se avrò le idee chiare e se saprò fare tutti i collegamenti che servono. All'improvviso mi sembra di stare di fronte a una montagna fatta di libri, tomi, enciclopedie e atlanti, e solo a pensare a tutto quello che devo ancora studiare mi sento già stanco.

Tornando a casa, penso che tutto sommato come primo giorno è andato bene: non è proprio quello che immaginavo, anzi non è quello che immaginavo per niente, ma credo che qualcosa mi sia rimasta davvero. Da qui alla fine dell'anno di tirocini ne restano da fare ancora un bel po', le nuove pagine da memorizzare sono una quantità incommensurabile e – per forza di cose – qualcosa in più finirò per impararmela.

Resta solo da capire se alla fine scalerò davvero la montagna, o se finirò sfracellato in qualche crepaccio nel tentativo. Ma insomma, per ora io non la farei tanto lunga o troppo melodrammatica: diamo tempo al tempo, e facciamo un passo (e un tirocinio) alla volta.

Dal canto mio, inizierò col dare uno sguardo a qualcosa sul morbo di Basedow: ho come la sensazione che, all'esame, lo chiedano.

Simone

24/10/10

Concorso: Ucronie Impure.

Che il rapporto con Alex così come quello con la scrittura online in generale sia ormai morto, resuscitato e rimorto definitivamente con una fucilata nell'encefalo (mi esprimo così per citare una delle grandi passioni di questo autore) mi pare che - per chi conosce entrambi - sia un fatto abbastanza evidente.

Ma mi sarei dimostrato certamente poco coerente se - una volta che si vede una qualche iniziativa originale e soprattutto pensata per realizzare qualcosa di concreto - non la segnalassi anche qui su questo mio blogghetto solo per fare la parte di quello che tiene il muso o atteggiamenti infantili analoghi.

Alex ha messo in palio dei soldi di tasca sua (100 euro, credo) per chi scriverà il miglior racconto ucronico entro il 31 Dicembre. Per ucronia si intende un racconto dove la storia reale (intesa come fatti storici realmente accaduti) viene cambiata e reinventata. Tipo i Nazisti hanno vinto la guerra (oh, che ideona!) o - che ne so - io che mando la mia autobiografia a tutti e divento presidente. E questa sì che sarebbe un'ideona vera.

La cosa notevole non è certo l'ucronia in sé (personalmente non è un genere che mi abbia mai ispirato più di tanto) ma il fatto del concorso e del premio auto-cacciato dalle tasche. La cosa che mi interessa davvero, è che per una volta un autore non legato a case editrici o altro spenda di tasca sua per realizzare un prodotto editoriale.

Voglio dire: Alessandro fa una raccolta di racconti non a scopo commerciale, ma tanto per. Lui lavorerà al concorso, pagherà il vincitore e... basta. Il tanto per per alcuni sarebbe un buon segno di rincoglionimento, ma per me è anche indice di passione e desiderio di ottenere un risultato in forma di buoni racconti. Sicuramente un fotografo pagava le sue pellicole (quando esistevano ancora) un pittore paga i colori e uno scultore paga la materia prima. E insomma, magari può funzionare anche una scrittura intesa come creatività fine a sé stessa, e come semplice forma d'arte?

Insomma, adesso c'è solo da pregare il santo protettore dei Blogger che non accada il benché minimo intoppino e impiccino. Così poi se va tutto liscio magari leggeremo finalmente anche qualcosa di un po' diverso dal solito... speriamo.

Ora che ci penso: un internet pieno di gente propositiva, e magari addirittura senza pornografia. Ecco, è un po' inverosimile (specie la parte del porno) ma questa sì che sarebbe un'ucronia interessante...

E chi lo sa? Magari partecipo al concorso pure io.

Simone

LINK: Ucronie impure, il bando sul sito di Alessandro Girola

21/10/10

Seconda laurea in Medicina: il terzo anno, i tirocini, e il ritorno della Microbiologia.

Ora che il terzo anno di Medicina è iniziato da un po', e ho le idee un po' più chiare riguardo a quello che mi aspetta nei prossimi mesi, torno a parlarvi della mia carriera da studente universitario trenta-e-rotti-enne.

Intanto, cosa importante, sono iniziati i tirocini: da adesso fino alla fine dell'anno (ma penso anche fino alla laurea, e oltre) il giovedì mattina andiamo in ospedale, per cui niente aule e lezioni ma camice e ambiente ospedaliero. Nella pratica non è che si faccia poi chissà cosa: per ora ci hanno fatto vedere qualche paziente, o provare (su di noi!) i primi rudimenti di semeiotica (sarebbe come si visita una persona... credo). Ancora, ci hanno fatto ripetere un po' tutte le arterie, e poi abbiamo provato a riconoscerle sulle lastre relative a qualche esame. Più avanti ci porteranno a visitare un laboratorio di microbiologia, il museo di anatomia patologica e - insomma - altre cose del genere.

Tutto sommato, non è che poi di pratico si faccia ancora così tanto: probabilmente è un inizio un po' soft in attesa di qualcosa di più impegnativo, magari nei prossimi anni. Come sempre, aspettiamo e vedremo.

Quello che mi pare evidente - anche se poi sarà da confermare quando mi metterò sui libri - è che il carico di studio è leggermente calato. Lo scorso semestre avevo Biochimica, Fisiologia e Microbiologia (che tra l'altro devo dare di nuovo ^^) con Anatomia 3 che mi era rimasta sul groppone dal semestre ancora prima. Adesso abbiamo Immunologia e Patologia generale che non è che siano brevi e semplici, ma tutto sommato mi sembrano un po' meno pesanti anche perché si basano su cose che - bene o male - un pochino già conosco. Poi avere un giorno a settimana in cui si va in ospedale e non si segue alleggerisce anche il carico di ore passate seduti a lezione, e anche questo si sente.

Riguardo alle materie, Patologia mi piace molto ma sembra l'ennesimo mattone enorme, e un po' mi preoccupa. Immunologia non è che mi faccia impazzire, ma mi dà l'idea che poi a prepararla non ci vorrà tantissimo. Resta poi Metodologia Clinica 2 (almeno credo si chiami così), il corso al quale sono correlati i tirocini e che parla di come visitare un paziente, capire dove sono i problemi e insomma tutto l'aspetto un po' più pratico: in questo caso le lezioni dureranno tutto l'anno e l'esame sarà a Luglio. Per il momento è la materia che mi piace di più, e spero che nel corso dell'anno non mi facciano cambiare idea.

E ok, spero di aver descritto in maniera adeguata la situazione del momento. Per fortuna che ho dato Anatomia e Biochimica, perché se fossi rimasto molto indietro con gli esami ora avrei difficoltà sia nel cercare di rimettermi in pari, sia tutto sommato a capire quello che ci stanno insegnando (o provando a insegnare) adesso. Personalmente, credo che a differenza di quello che accadeva a Ingegneria, a Medicina una volta che resti indietro non riesci più a recuperare: alcuni esami (tutti quelli del secondo) sono veramente troppo grossi, e se non te li togli subito sei praticamente fregato.

Ora a Dicembre c'è un nuovo appello di Microbiologia, e vorrei o meglio dovrei veramente levarmelo adesso, così da concentrarmi sullo studio delle materie del terzo. Mi basterebbe solo trovare un po' di voglia, che adesso e dopo lo studio pesantissimo fino a fine Settembre - sinceramente - latita. Per il momento mi sono imposto di iniziare a studiare sul serio subito dopo la presentazione del libro a Venezia, il 6 Novembre.

Idealmente però sarebbe da iniziare prima, perché poi rischio di far accavallare troppe cose. In realtà qualcosina sto facendo, ma come tutti gli studenti dai 18 anni fino ai 60 la voglia di studiare è inversamente proporzionale al tempo che manca al giorno degli esami...

E, per il momento, Dicembre è ancora lontano.

Simone

19/10/10

Io scrivo, a Maerne di Martellago (VE).

Erano letteralmente anni che provavamo a organizzare la cosa, e finalmente siamo riusciti nell'impresa: il 6 Novembre 2010, alle 18, presenterò Io scrivo presso la biblioteca di Maerne di Martellago in provincia di Venezia.

Complici o ancora meglio artefici di tutto questo sono gli amici dell'Associazione Culturale Inutile, e in particolare Matteo Scandolin (col quale parlo di libri e scrittura ormai da anni) ed Elisa Sottana. Il tutto con il patrocinio dell'assessorato alle politiche giovanili del comune di Martellago, senza il quale ovviamente non sarebbe stato possibile mettere in piedi l'intera iniziativa.

Se sarete presenti sarà una grande opportunità per conoscere gli amici del blog (anche dei blog passati) e per parlare un po' di questo mio libro, del suo percorso editoriale, di scrittori emergenti e di editoria in generale. Io ovviamente sono felicissimo dell'occasione che mi è stata data, e tra l'altro erano secoli che volevo farmi un viaggetto a Venezia per cui almeno 2 piccioni con una fava (vacanza + presentazione) li ho rimediati. E facciamo anche 3 se da quelle parti si mangia bene o 4 se riesco addirittura a vendere qualche libro. Che poi saranno 5, visto che finalmente conosco gli amici di Inutile... mentre per il sesto piccione non lo so, magari mi verrà in mente dopo.

Vi lascio con qualche link, nonché l'indirizzo del posto dove si svolgerà il tutto:

Inutile Associazione Culturale

Biblioteca Giuseppe Tronchin:
Piazza IV Novembre 48
30030 Maerne di Martellago
tel. 041 640331 - fax 041 5030251
biblioteca@comune.martellago.ve.it

E come già detto (ma mi pare il caso di ripeterlo) il tutto si svolgerà il 6 Novembre 2010, ore 18:00.

Vi aspetto tutti!

Simone

14/10/10

L'uomo è ancora vivo.

Alle volte vado a letto con un senso di angoscia, e poi non riesco a dormire.

Penso alle notizie di questi giorni: una ragazzina alla quale un parente ha tolto tutto, dei militari morti in guerra e una violenza quotidiana che lascia esterefatti. Ancora, rivedo malati e pazienti studiati a lezione o incontrati di persona con la Croce Rossa: famiglie distrutte, malattie che non lasciano scampo, persone che non hanno mai vissuto altro che la sofferenza.

Mi sembra sempre di più che viviamo in una sorta di illusione: computer, automobili, cinema, divertimenti... alle volte mangio e bevo fino a sentirmi male, e in tasca ho un cellulare che costa come uno stipendio. I miei problemi sono quasi esclusivamente auto-indotti, e vivo senza sentirmi pienamente padrone della mia vita e del mio futuro.

La cosa che mi angoscia è l'atteggiamento che abbiamo. Sveglia alla mattina, colazione, lunga coda in auto fino all'ufficio, accendo il computer, apro Facebook o il blog o qualsiasi altro strumento di comunicazione (anche solamente la bocca) e inizia un piagnisteo totale: il governo non va bene perchè questo e perché quello. L'impasto della pizza non sa più farlo nessuno, e poi è pieno di persone razziste. Chi ce l'ha coi pellicciai, chi odia i terroni e chi detesta la gente del nord. Pena di morte a questo, vendetta a quest'altro e altri slogan razzisti, violenti, stupidi.

L'interazione con la tecnologia ci ha forse illuso che basti volerla, una cosa, affinché si avveri. Se abbastanza persone si lamentano di un fatto, allora questo fatto cambierà, e avremo un mondo in cui vivere meglio.

A me sembra che viviamo in una sorta di isola felice, un mini-mondo protetto e libero in buona parte dalle devastazioni che affliggono l'umanità, ma non riusciamo a fare altro che parlare di problemi reali o inesistenti, lasciandoci affliggere da questi. Indicare e criticare, spesso in maniera qualunquista e ignorante, senza informarci davvero, ragionare e agire sul serio.

Credo che questo problema sia più della rete e della comunicazione in sé, che delle persone. Non voglio pensare che la gente sia davvero e soltanto così come appare quando magari è scazzata e scrive un messaggio al volo. Io voglio pensare che Internet sia la zavorra che rende difficile farsi un'idea diversa dalla massa, i blog siano il gioco a deprimere e mortificare gli altri, che l'informazione sia pervertita al punto da privilegiare quello che distrugge l'uomo piuttosto che quello che lo eleva e lo gratifica.

Ma le persone no. Le persone, nella loro realtà e umanità quotidiana, sono ancora in grado di riconoscere e apprezzare quello che possiedono. C'è gente che si sente fortunata, e felice, e soddisfatta, e riesce anche a fare qualcosa oltre che - semplicemente - a sparlare e sputare sentenze.

E chi prova a fare e a costruire, non sempre ma spesso - o anche solo alle volte - ci riesce anche. Il mondo ha bisogno di questo: di strade, di medicine, di storie che facciano crescere, di ottimismo e di coraggio, di compassione, forza e spirito di sacrificio. E per quanto ogni volta che apro certi siti o che ascolto certi discorsi mi senta spinto a credere diversamente, io penso che il mondo di oggi sia migliore di quello di ieri, e che un domani ancora più vivibile si possa creare.

Perché l'uomo, l'essere umano, il suo spirito, non si lascia annullare dalla sofferenza. Se fosse così l'accetteremmo e basta. Vivremmo la nostra vita di agi e di superfluo come automi senza emozioni, mentre dietro l'angolo c'è qualcuno che crepa o la gente che si scanna per qualcosa da mangiare. Invece siamo tutti ancora in grado di pensarci, di accorgerci che qualcosa è storto, anche a livello inconscio, con quel malessere che ti prende quando non sai perché.

E se ci lamentiamo è anche perché questa cosa ci fa soffrire, perché ci fa stare male. Perché nonostante tutto il pattume e le cose inutili che ci seppelliscono come una colata di cemento - lì sotto - siamo ancora vivi.

Io credo che dovremmo un po' pulirci la testa. Liberarci dai soliti discorsi, dai soliti presupposti. Dal nostro razzismo e dalla nostra supponenza. Dall'arroganza e dalla rabbia. Dall'idea che se piagnucoliamo abbastanza arriverà qualcuno a fare le nostre cose, al posto nostro.

Dovremmo guardare il mondo intorno a noi per quello che veramente è. Cercare qualcosa, anche un qualcosa di piccolo sul quale potremmo agire, e tentare almeno di interagire con esso. Provare a migliorarlo un po', anche un minimo. Con l'umiltà di chi pensa che forse alla fine non succederà nulla, ma che è sempre meglio che star lì a piagnucolare davanti a uno schermo lampeggiante, insieme a persone che nemmeno conosciamo davvero.

Io penso che, dopo, staremmo un po' meno male.

E credo proprio che ci proverò.

Simone

E - alle volte - ci sono anche buone notizie!

11/10/10

Sono stato assimilato! (Impressioni sull'Iphone 4).

Ok, alla fine hanno preso anche me.

Io ho sempre criticato i prodotti Apple, o meglio non vedo di buon occhio le robe elettroniche dall'aspetto modaiolo che fanno quello che vogliono loro piuttosto che quello che voglio io. Però sull'Iphone ci girano atlanti di anatomia, programmi per studiare (nel senso di apprendere) l'elettrocardiogramma, un software meraviglioso che riconosce la musica che state ascoltando o anche solo fischiettando, Street Fighter 4 (eh!) e altri software che - semplicemente - sul mio vecchio Nokia non esistono oppure sono troppo pesanti per essere gestiti da un processore ormai vecchiotto.

L'idea di andare a lezione o a fare i tirocini con un Atlante e qualche testo di riferimento sempre in tasca mi attirava ormai da un bel po' di tempo, e questo telefono della Apple mi sembrava adatto allo scopo.

Ora, che senso ha fare la parte di quello che critica le cose che poi compra e utilizza tutto contento? Vi dico subito allora che l'Iphone 4 è decisamente meglio di quello che mi aspettavo quando avevo già deciso di comprarlo. Mi limiterò adesso a spendere qualche parola su funzioni e software, così magari qualcuno ancora indeciso potrà farsi un'idea migliore. E poi anche perchè parlare della Apple porta sempre un sacco di visitatori, e qualcuno magari si compra pure il mio libro. ^^

Acquisto, installazione e magagne varie: prendere l'Iphone (io ho fatto il contratto con la TIM) è stato un incubo. Una settimanella tra richiesta al negozio, sblocchi, micro sim, installamenti, itunes, tariffe che non andavano, Kilogrammi di programmi da installare e Dio solo sa che altro.

E quello che temevo dei prodotti Apple si è prontamente avverato: ora sono legato a un sistema macchinoso e prepotente, che vuole controllare una cosa che tutto sommato sarebbe mia. Il Nokia, per dirne una, funziona anche senza SIM: se voglio usarlo come sveglia o lettore MP3 posso farlo. L'Iphone no, o almeno dovete avere una sim per sbloccarlo all'inizio per poi andare su Internet e chiedere umilmente a Steve Jobs se - per favore - vi consente di utilizzare il vostro telefono. Comunque in genere il signor Jobs è gentile, e vi dice di sì.

Il fatto poi di dover passare a una micro-sim (utilizzata per lasciare più spazio alla batteria) richiede l'esborso di altri soldi, e la perdita di tutti i numeri in rubrica. Se siete utenti Apple con tutto sincronizzato non avrete problemi, altrimenti ricordatevi di passare prima i vostri vecchi numeri su Outlook (come ho fatto io) o altri programmi compatibili poi con itunes. Credo che le rubriche in .csv non vadano bene come anche credo che manchi la compatibilità con tutto ciò che è Openoffice, Firefox e Thunderbird. Per cui occhio, o rischiate di perdere tutti i numeri!

Itunes: itunes è bellissimo e funzionalissimo, ma è talmente pesante che il mio computer non riesce bene a gestirlo. Se devi far scrollare una finestra mentre carica qualcosa si pianta tutto finché non ha finito, e questo avviene praticamente a ogni click del mouse. I software Apple girano una meraviglia... sui computer Apple, però.

Dover passare tutto dal PC a Itunes e poi al telefono è un passo indietro rispetto al Nokia o anche al Diamond Rio (il primo lettore MP3) che avevo 10 anni fa. Il fatto che il mio computer sia lento e che itunes non sia troppo ottimizzato per i netbook (la risoluzione dello schermo non è proprio standard) rende aggiornare e configurare l'Iphone divertente come un calcio nelle palle.

Se non si fosse capito, io itunes lo odio.

Software: qui finalmente iniziano i punti positivi. Al prezzo di 1 euro e 60 centesimi totali ho trovato già due atlanti di Anatomia. Uno in particolare (Atlas of Anatomy di Hipposoft) è anche piuttosto buono e penso di poterlo usare. Con un paio di passaggi i programmi si aprono quasi istantaneamente, la fluidità e la nitidezza delle immagini è mostruosa e il telefono (non il PC, il telefono) non rallenta mai, nemmeno per finta.

Da qui a qualche settimana avrò trovato anche qualcos'altro e magari un bel manuale di Patologia o Clinica o non so bene nemmeno io cosa cerco, da consultare al volo in ogni occasione. Ripeto che i PDF si leggevano ovviamente anche sul Nokia, ma se un PDF di 1000 pagine si apre piano e ci mette mezz'ora a fare uno zoom diventa inutilizzabile. Qui pare tutto aver messo il turbo.

Il telefono: il problema dell'antenna non mi pare così rilevante, ma sicuramente c'è qualcosa che non mi convince troppo: una volta hai 5 tacche, poi di colpo 1 poi 3... restando sempre fermo nello stesso posto. Insomma, secondo me questa cosa del campo che si perde non è così devastante come si dice da qualche parte, però qualche problemino parrebbe esserci. Vedrò col tempo se in posti dove prende poco mi cade la linea di colpo, o se bene o male è al livello di un telefono normale.

Ho notato poi che la batteria tende a scaricarsi in fretta. Per essere onesti, con tutte le funzioni che ci sono è normale che non duri come quella di un telefono qualunque, ma è anche vero che un cellulare spento fa sempre meno cose di uno che resta acceso. Di sicuro mi aspetto che l'Iphone regga a una giornata di utilizzo normale. Ma nel caso di viaggi, spostamenti e utilizzo intenso non vorrei che mi lasciasse a piedi proprio nel momento del bisogno.

La contro-rivoluzione: questa è più una provocazione che un giudizio. Sul negozio online della Apple ci sono applicazioni che costano 79 centesimi: parlo di applicazioni di livello elevato, non giochetti da due soldi. Come possa costare così poco un software tanto valido è una cosa che mi lascia a bocca aperta. Sarà che blindando, proteggendo, controllando e incanalando tutto si finisce anche per avere qualcosa di positivo in cambio? In effetti, sono solo 79 centesimi, o 4 euro o al limite 7. Ma forse visto che la maggior parte degli utenti è costretta a comprarseli, alla fine agli sviluppatori conviene e siamo tutti contenti.

Ultima nota: in tutti i Nokia (o quasi) anche da 90 euro c'è uno slot per una memory card. Ora magari qui c'è e non l'ho visto (dubito) ma se non c'è è una lacuna piuttosto grave. Per me in uno strumento simile e visto l'uso che voglio farne è peggio del problema dell'antenna: per trasferire file da telefono a PC devo passare continuamente per Itunes e sincronizzare tutto anche se non voglio farlo, con l'hard disk che frulla, finestre che si aprono e roba che scatta. E se voglio altra memoria che faccio? Mi compro un secondo telefono?

Concludendo: da quello che ho visto in così poco tempo, l'Iphone 4 è una scheggia per andare su Internet, scaricare email, sentire musica e gestire dati che si trovino già all'interno del telefono stesso. Praticamente si può dire che è il mio computer a collegarsi all'Iphone, e per l'uso che ho intenzione di farne (uno strumento per avere sempre a disposizione street fighter e testi di medicina) mi pare che sia stata una scelta adeguata.

Di negativo c'è la fissa di Apple nel farti usare una cosa tua come se fosse ancora loro, Itunes, una sorta di burocrazia informatica, l'antenna e la batteria che restano ancora un'incognita e la folle mancanza di uno slot per le memory card.

Io insomma per l'idea che avevo in mente l'ho preso, mi sembra anche meglio di come me l'immaginavo e - alla lunga - mi aspetto di rimanerne completamente soddisfatto. Di più non posso dirvi: per le vostre esigenze - ovviamente - giudicherete voi.

Simone

08/10/10

Come inventare una storia - 6: Inception di Christopher Nolan.

Dopo un bel po' di tempo che non aggiornavo questa sorta di rubrica, torno ad analizzare (per quanto possibile) una storia di successo. Questa volta parliamo di Inception, il film di Christopher Nolan con Leonardo Di Caprio che sta avendo (mi pare) un ottimo successo al cinema proprio in questi giorni.

L'idea di base: di Caprio entra nei sogni della gente per manipolare le loro idee.

Ok, la storia è un po' più complicata di così. In realtà il protagonista deve inserire un'idea dentro la testa di un giovane magnate, con tutto lo spionaggio industriale e la fantapolitica di contorno che potete immaginarvi. Punto a favore della trama (ma a sfavore della missione) è che il personaggio interpretato da Di Caprio è reduce dalla tragica morte della moglie, e i suoi insoluti e il suo senso di colpa si manifestano nei sogni (i suoi e quelli vissuti collettivamente) per sabotarli.

Nel corso della trama si arriva a parlare di sogni dentro i sogni, linearità del tempo, vita dopo la morte (o dopo il risveglio) e tutta una logica fisico-matematica che pretende di dare una struttura in un certo qual modo misurabile al mondo onirico in cui si troveranno i protagonisti. Ma di questo ne parliamo dopo.

Perché è una buona idea: parlo dello spionaggio dentro i sogni, non di tutto il resto che è a contorno. Evidentemente, se ci pensate, forse vi sembra di aver già sentito qualcosa di analogo? Vediamo:

- Il sogno è una realtà alternativa in cui la fisica può essere distorta, dando origine a spettacolari effetti speciali.

- Delle rappresentazioni antropomorfe della psiche si ribellano ai visitatori, e cercano di scacciarli sparandogli addosso.

- Se muori nel sogno (almeno nel caso particolare che ci presenta la storia) finisci in una specie di limbo dove resterai intrappolato nella tua psiche fino a impazzire. Ai fini della trama: se esci dal sogno è come se morissi davvero... salvo tu sia un personaggio particolarmente figo, per il quale valgono ovviamente delle eccezioni.

Insomma, che vi ricorda? A me pare Matrix, solo con i sogni al posto della realtà virtuale e con gli architetti fantasiosi al posto dei programmatori sfigati. Che poi Matrix pareva Ubik, e Ubik non so da che altra storia sarà derivato, magari da qualche tragedia greca troppo antica. Comunque il concetto è abbastanza evidente: cambi la cornice a una storia che funziona, e hai una storia che funziona anche meglio se la cornice è abbastanza ben fatta.

Un po' la stessa cosa che succedeva tra Avatar e Balla coi lupi, o in tanti altri casi in cui magari il tutto è molto meno evidente.

Ma ok, benissimo. La bravura di Nolan, con Inception, è quella di riempire la storia di elementi interessanti. In particolare, sempre per riferirsi a Matrix, a differenza di quel film in questo caso si lasciano un po' da parte combattimenti e sparatorie (che comunque ci sono in abbondanza) per mettere in luce alcuni interrogativi e alcune idee un po' più affascinanti della solita gente che si muove al rallentatore schivando proiettili. Qualche esempio:

- Gli incubi del protagonista influenzano il sogno collettivo: ottima idea.

- La realtà di un sogno può essere stravolta cambiando le leggi fisiche: ottima idea.

- Cosa c'è nelle profondità del subconscio? Idea difficile da sviluppare bene.

- Tirando un dado o usando un altro oggetto che nessun altro conosce si può capire se siamo nella nostra realtà o nel sogno costruito da qualcuno: buona idea.

- Il protagonista è sveglio o è tutto un sogno? Idea per nulla originale, ma efficace.

La storia di Inception insomma funziona non tanto per la trama in sé (che comunque c'è) quanto per la realizzazione che è effettivamente notevole. Se volete fare gli scrittori, imparate a creare personaggi che siano motivati e situazioni che stimolino intellettualmente il vostro pubblico. E lo so: fosse facile!

Approfondimenti: a mio avviso, la storia di Inception ha anche dei grossi punti deboli. Per entrare nella psiche della persona che vuole manipolare, di Caprio crea un sogno dentro un sogno dentro un sogno (3 livelli).

Per qualche motivo assolutamente arbitrario, viene fuori che in ogni livello di sogno il tempo scorre più lentamente e le guardie sono più agguerrite. Questa, per me, non è una buona idea perché:

- Che nei sogni dei sogni il tempo sia talmente più lento da lasciarti intrappolato per decenni non è vero, gli spettatori non ci credono e la storia ne perde dal punto di vista della verosimiglianza. Occhio: le storie di fantascienza non sono mai vere o realistiche, ma possono essere verosimili. Io non credo che nello spazio esistano gli alieni, ma è verosimile. Gli alieni però non stanno di sicuro nascosti nel bagno di casa mia, per cui non ci credo e manco mi pare verosimile... anche se ora sono un po' preoccupato, e vado un attimo a controllare.

- Era già bello il primo livello di sogno, coi palazzi che si arrotolano e tutto il resto. Per cui tutto sommato non c'era tutto questo bisogno di aggiungere dell'altro.

- Tre sogni a velocità diverse creano una struttura complicatissima che, a un certo punto, oltre a disorientare lo spettatore (non ce so a capì 'ncazzo, diceva qualcuno in sala) prende il posto principale del film scavalcando personaggi, sentimenti, rapporti e idee fantasiose: 30 minuti con un camion che precipita durante una scena alla James Bond sulle montagne innevate e la musica che fa DOOOM DOOOM perché sta per finire il tempo (da circa mezz'ora) sono - secondo me - davvero troppi.

Insomma riepiloghiamo. Per scrivere una storia uguale (o meglio) di Inception dovrete:

- Prendere un'idea che funzioni, e dargli una veste originale.

- Inserire dei personaggi interessanti con obiettivi concreti e drammatici.

- Offrire al pubblico qualcosa che desidera: in questo caso effetti speciali più che eccezionali e la risposta ai vari interrogativi che si generano nel corso della storia.

- Metterci un attore che porterà la gente al cinema anche se il film dovesse fare schifo (sempre se potete permettervelo).

- Evitare di complicare infinitamente la trama se questa funzionava già da prima e se nessuno ne sentiva il bisogno.

Simone

04/10/10

La gente che non si arrende proprio mai!

In questo caso, sto parlando di me stesso. Che poi il non arrendersi sia da vedere in chiave positiva (quello che non molla e tira avanti) o in chiave negativa (quello che non la smette più di rompere i coglioni) è ancora da vedere, ma io sono sempre ottimista e per il momento non mi sbilancio.

Insomma: oggi sono tornato da quella brevissima vacanza di cui vi parlavo nello scorso aggiornamento, e ho inviato due manoscritti a due diversi editori.

Uno è il libro dei gatti. Che, a pensarci, è davvero una cosa un po' maniacale: sto ancora mandando in giro il libro dei gatti! Rifiuti veri e propri ne avrò ricevuto forse uno, perché semplicemente come sentono parlare di storia fantastica coi gatti gli editori gli editor i correttori di bozze gli stagisti non retribuiti il portiere e la signora delle pulizie preferirebbero ardere per sempre all'Inferno piuttosto che provare anche solo a sfogliare la sinossi. Dice che non è un genere che tira molto... ma vabbe', le cose stanno per cambiare: ho trovato un editore che pubblica esclusivamente (o quasi) romanzi con animali come protagonisti, per cui ho pensato che forse - almeno loro - potrebbero essere interessati a un testo del genere.

Che poi non è che l'ho proprio trovato io, da solo: una persona ha letto l'ebook, gli è piaciuto, e conoscendo questo editore me lo ha consigliato. Arrivare a un editore perché il tuo testo è piaciuto a qualcuno è sempre una cosa positiva, anche se non credo che necessariamente il lettore in questione e l'editore sempre in questione si conoscano... ma adesso non andiamo a cercare il pelo nell'uovo, ok?

Dicevo comunque che ho inviato due manoscritti. Il secondo è il mondo quasi nuovo... che è un testo un po' strano perché - oltre a essere probabilmente il mio libro migliore - è anche quello più bistrattato: l'ho mandato in giro pochissimo, l'ebook è stato scaricato un numero di volte davvero infimo, e credo di aver raggiunto il minimo storico di commenti e feedback da parte dei lettori.

Vi sembrerà strano, ma secondo me è un libro che funziona bene nella sua interezza ma che sembra molto meno interessante se qualcuno (magari un lettore che passa rapidamente, o un editore un po' frettoloso) si limita a dargli uno sguardo superficiale. E vabbe', che vogliamo farci? Speriamo che a questo giro la valutazione sia più positiva... e non ci aggiungo il solito quasi, perché una valutazione quasi positiva mi sa che non basta.

Ok, direi che altre novità di rilievo non ce ne siano. Domani mattina sveglia presto, e di corsa (visto che starò in ritardo come sempre) all'università. Poi in ufficio, poi il nuovo semestre da organizzare, poi magari passo alla scuola di musica per riprendere le lezioni di batteria, e poi magari sarebbe il caso di fare la spesa e cose del genere. Visto inoltre che così era tutto troppo rilassante, per il fine settimana mi aspetta un corso di aggiornamento alla Croce Rossa della durata di NOVE ORE FILATE, con tanto di prova finale con soccorso di paziente malato agonizzante finto (ma che se lo uccidi ti segano per davvero, vallo a capire).

Ecco, solo a rileggere quello che ho scritto mi sento più stanco di quando sono partito. Ma fa niente: non è che l'università duri per sempre, e prima o poi alla Croce Rossa la smetteranno di darmi qualifiche che poi devo riottenere l'anno successivo. Con un briciolo di culo in più, poi, finirà che salterà fuori anche un'altra pubblicazione e - alla fine - sono sicuro che ne sarà valsa la pena.

Fino ad allora, speriamo che arrivi presto qualche altro giorno di vacanza. Anche solo quello, di sicuro, non guasterebbe ^^.

Simone