
Il nuovo libro è come una specie di fantasma. Un'entità inafferrabile che è nell'aria da settimane, mesi, anni ormai.
Mi chiedo se alla fine arriverà davvero, o se continuerò a parlarne come un cretino a ogni occasione, per poi non scrivere niente. Sarà che la scrittura, fatta con passione, è una cosa che brucia forte, e io dopo che mi sono scottato tutta 'sta voglia di ricominciare da zero non è che ce l'ho più di tanto.
Il problema è che non mi piace troppo il mondo editoriale, dove mi trattano come una specie di rompipalle appestato, che al limite se a qualcuno ispiro almeno un po' di pietà mi fanno la grazia di rivolgermi la parola. Non mi piacciono tanto gli altri scrittori, almeno non molti di loro, che o se la tirano da morire e come li contraddici ti prenderebbero a calci, oppure sono talmente spaventati da quelli che strillano e li trattano come pezze da piedi che quando aprono bocca lo fanno come se si vergognassero anche solo di avere un'opinione, e stanno lì 200 volte a scusarsi.
Che essere scrittore non vuol dire niente: prendi un foglio e scrivi, fatto. Poi ci sono quelli bravi e quelli scarsi, solo che sono tutti sicuri di essere bravi oppure convinti di dover restare scarsi a vita. Cioè, detto in modo più chiaro: ho conosciuto troppa gente del cazzo per credere ancora che gli scrittori siano tutti fighi e intelligenti e colti e tutte le cose che credevo una volta.
Non mi piace più nemmeno tanto la narrativa. Se scrivi un trattato o un libro con dei contenuti specifici magari lo fai perchè hai studiato, hai delle esperienze e hai qualcosa da dire. La narrativa invece funziona che tu scrivi un libro e ti fai comunque un culo così, bello o brutto che sia il tuo libro. Poi se succede il miracolo il libro te lo pubblicano pure e guadagni un casino di soldi: 1000, alle volte anche 2000 euro.
Che poi se mi pubblicavano i romanzi e vendevo 100 milioni di copie certamente non ero qui a fare questo discorso, sono il primo a dirlo. Mi mettevo i soldi in tasca e prendevo per il culo chi stava ancora lì, coi blog e gli ebook e tutte quell'altre stronzate.
Però alla fine le cose stanno in questo modo, e non in quell'altro. E quando vado in libreria ho davvero difficoltà a trovare dei libri di narrativa che mi piacciano. Mi sembra come se la macchina puntasse a target più vasti del mio, quello degli ex-scrittori ingegneri studenti, e semplicemente non entriamo più in sintonia.
C'è tutto questo alone di superficialità, sorpresina del McDonald e noia che si è depositato sui libri. Ieri mi hanno consigliato un romanzo definito stupendissimo, io me lo sono comprato e il primo capitolo sembrava che stavo mangiando l'happy meal travestito da aragosta alla catalana. Cioè, ok, buono... ma l'aragosta - scusa - è un'altra cosa.
Ma ho capito che le leggi e le regole sono quelle, e io sono l'ultimo dei coglioni per poter mettere bocca. Che se la gente esce dai binari rischia di finire col sedere per terra, e nessuno può chiedere a un editore o a un autore di mettere in gioco soldi, tempo e fatica per produrre qualcosa che a nessuno interessa davvero. Ma per me, dal mio punto di vista, se la narrativa è una cosa che non mi piace, probabilmente ha poco senso tentare ancora di farne parte, no?
E insomma sono tante cose. E alla fine uno si chiede: ma lo scrittore voglio farlo ancora davvero? Perché se non te lo sei chiesto mai per me sei strano, sei uno che va avanti come un treno e non pensa e non valuta un cavolo, un idiota che non rivede niente della sua vita. Ma ecco io non sono così, e alla fine me lo sono chiesto se volevo fare davvero lo scrittore, o se invece mi avevano fatto credere che io volessi fare lo scrittore ma per fortuna alla fine m'ero svegliato ed ero diventato normale.
Ora come ora, penso che la cosa non sia del tutto impossibile. Cioè adesso mi laureo, faccio il dottore, trovo un'infermiera che ci sta, faccio 2-3 figli, sistemo tutto, continuo a suonare la batteria, esco con gli amici, mangio, mi diverto e tutto quanto. E poi, se proprio mi tocca, allora vorrei scrivere anche. Cioè, la scrittura come componente aggiuntivo di una vita che - tutto sommato - sarebbe completa anche senza. Nessuno fa lo scrittore e basta, o paga l'affitto di casa facendo lo scrittore e basta. Quelli sono coloro che lavorano con la scrittura, ma non è che se scrivi una frase sotto alla foto di una che mangia un gelato come se stesse trombando hai fatto lo scrittore come intendo io, non diciamo cazzate. Quello è un lavoro. Si chiama editing, copywriting, product management o qualche altra roba che non si capisce nemmeno che vuol dire: e bravo, tanto di cappello, beato te che il gelato ti piace così tanto... a me, fino a quel punto, non mi entusiasma.
Ma di che cavolo stavo parlando? Ah, sì, il libro nuovo.
Ecco, io al libro nuovo ci penso tanto, anche se non lo scrivo. Penso al mondo di oggi, all'Italia, al lavoro, agli immigrati, ai precari, agli studenti e a tutta la gente che non riesce a ottenere quello che vorrebbe. Penso a una società dove spendiamo più di abbonamenti a Internet (io ne ho uno in ufficio, uno a casa e uno sul cellulare) di quanto certe persone anziane abbiano mai speso per mangiare o per comprarsi i vestiti.
Penso che viviamo nel periodo di maggiore benessere dell'umanità, almeno della fetta di umanità nella quale ci è capitato di nascere, ma che non ce lo godiamo perché con la testa e con i nostri desideri non stiamo sereni mai. Penso insomma che non lo so: ho un sacco di idee, sensazioni, turbamenti quotidiani (!!!) e che vorrei scriverci un libro sopra. Un libro che quando lo leggi poi pensi: cazzo, era proprio così che mi sentivo, solo che non riuscivo a dirlo a parole.
Io vorrei scrivere un libro che quando hai finito di leggerlo ti senti come se ti hanno menato. Un libro come quelli che leggevo da ragazzo, che mi facevano immaginare posti diversi e mondi inventati e poi sognare che volevo scriverlo pure io un libro così, da grande.
Solo che adesso lo so che forse è solo una cosa irrealizzabile, infantile anche. Che forse tutta la baracca di scrivere e leggere è una specie di operazione di marketing con lo slogan che se leggi sei libero, sei colto, sei bello e sei onesto, ma che poi era meglio andare a zappare per l'orto.
Ma ecco, forse sono ritornato proprio completamente all'inizio, a quei momenti. La scrittura come un sogno, un'aspirazione elevata, un qualcosa a metà tra quello che è reale e l'immaginazione.
Un sogno forse irrealizzabile, inutile, stupido, arrogante pure.
Eppure, di rinunciarci, io ancora non me la sento.
Simone