
Mio padre è uno di quegli ingegneri che pensano che l'ingegneria sia la materia
più meravigliosa del mondo, e che fare l'ingegnere sia l'unica scelta sensata possibile.
Mio fratello è uno di quegli ingegneri che se sei ingegnere come lui allora capisci tutto e sei un tipo di successo che nella vita ha fatto
le scelte giuste, mentre qualsiasi altra facoltà non insegna nulla, regala le lauree ed è assolutamente una scelta inutile.
Se chiedete a mia mamma, invece, vi dirà che l'unica ipotesi valida e giusta per intraprendere un corso di studi e successivamente una carriera degna di questo nome sia quella di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Lei però, chissà perché, ha fatto
pedagogia... defunta facoltà che immagino insegnasse agli adulti a crescere bravi figli ingegneri.
E insomma, non è un caso che ancora più del test di ammissione fatto con l'influenza intestinale, più del corso estivo in compagnia di 100 adolescenti neo-diplomati, più dell'esame di Biochimica e anche più delle autopsie alle 8 di mattina, il
momento più arduo di quando ho deciso di mollare la mia (per quanto mediocre) carriera da ingegnere per ricominciare da zero come medico, è stato dirlo alla mia famiglia.
Il giorno che ho spiegato a mia madre che non gli stavo raccontando la trama di uno dei miei soliti romanzi, ma che a Medicina mi ci iscrivevo
davvero, il cielo era nerissimo, le luci in casa erano spente ed era tutto buio e tetro. O forse era pure una bella giornata, ma io me la ricordo come vi ho detto in stile apocalisse imminente e prossimo giudizio Divino con cacciata all'inferno del sottoscritto.
Poi mamma l'ha detto a papà, e alla fine il
commento conclusivo è stato:
io e tuo padre ci siamo chiesti dov'è che abbiamo sbagliato, con te. Che è un po' una di quelle frasi fatte da filmetto adolescenziale, ma vi assicuro che anche se la mia adolescenza era passata da tipo 15 anni non è stato facile sentirsela dire.
E ok: mi pare evidente che questa cosa della seconda laurea, almeno all'inizio, i miei non l'avessero presa
troppo bene. E capirete insomma che io sia in qualche modo sensibile a commenti come questo di Niccolò, che vi riporto qui sotto:
Ciao, mi chiamo Niccolò e a settembre avrò 25 anni, e come regalo di compleanno (se dovessi passare) cambio facolta e vado a fare infermieristica...
Ora sono iscritto a economia aziendale ma non è la mia vera passione. Dopo aver lavorato un anno non mi rendeva felice quello che facevo, e in più odio la monotonia. Quindi ho deciso di cambiare. Pazzia? Penso proprio di sì, ahahah!
Comunque come te sono opertore bls-d, quindi in questo campo ci vivo! :) E poi ho sempre avuto questa passione ma l'ho sempre tenuta dentro. Un piccolo neo c'è: ancora mio babbo nn lo sa... ahahahahahah. Sono pronto psicologicamente ma non fisicamente pronto alla reazione del mio babbo. È solo la sua visto che mia madre sa tutto! Penso di dirglielo se passerò il test! :)
La mia preoccupazione più grande è creare un clima in casa da bomba atomica, visto che mio padre ogni santo giorno mi rompe per gli studi, lavoro futuro, ecc... comunque sono sempre più convinto, anche se mi spaventa un pò devo essere sincero! :)
A presto, NiccoAvete letto? Bene. A differenza di Niccolò, io di anni
non ne avevo 25 ma 33. Ancora, forse il padre di Niccolò si preoccupa più del lavoro e della sicurezza economica di suo figlio, mentre per i miei è stata più una questione di dover accettare un cambiamento che - bene o male - non si aspettavano.
Quello che resta identico è la sensazione di
fine del mondo (bomba atomica o apocalisse che sia) che accompagna certe situazioni, e la difficoltà di fare una sceltà già di per sé estrema trovandosi a dover sconvolgere - oltre alla nostra - anche la vita di chi ci sta intorno.
Che consigli dare a Niccolò, o a chi si trova in una situazione simile? Io ammetto di non saper bene che cosa dire. Credo perché sono forse troppo invischiato in un contesto analogo, o forse perché ci sarebbero
tante di quelle cose da sottolineare che non riesco proprio a fare un discorso che non parta per la tangente.
Insomma, mi limito a un paio di considerazioni: intanto quel discorso di
sbagliare o meno, da parte nostra o della nostra famiglia, non è del tutto corretto. Anche potendo tornare indietro,
20 anni fa non penso che mi sarei trovato bene in una facoltà come Medicina (per il semplice fatto che non studiavo abbastanza). Quello che voglio dire è che se anche a qualcuno pare uno sbaglio o un cambio di rotta, forse quello che ho fatto era semplicemente un percorso mio personale, e le cose non potevano andare altrimenti.
Aggiuno che oggi, a
3 anni di distanza da quel giorno del cazzo, io sono una persona più soddisfatta e felice. Non so nemmeno immaginare che idiozia sarebbe stata restare a fare le pratiche di prevenzione incendi a vita, o a stampare carte per gli isolamenti termici. Io ho fatto benissimo a iscrivermi a Medicina, e di questo i miei
se ne rendono conto e alla fine - anche se c'è voluto un po' - questa cosa l'hanno accettata e la vivono con più serenità.
Quello che auguro a Niccolò, è che accada lo stesso anche per lui e per il suo "babbo".
Simone