Sono tornato ieri sera, sul tardi, e già oggi sto nel pieno di 200 attività.
C'è l'ufficio da riprendere, ci sono i nipotini da andare a trovare, c'è un ebook da finire di rivedere per poi inviarlo all'editore di ebook che poi lo dovrebbe mettere in vendita come ebook (tanto per chiarire che c'è in ballo un nuovo ebook di un libro vecchio) c'è una prova di esonero di farmacologia da iniziare a preparare per il 9 Settembre e c'è forse magari se va tutto bene ancora un po' di sole da sfruttare per qualche ultima capatina in spiaggia.
Ah, mi sono anche segnato un altro turno in ambulanza, così se poi succede qualcosa di interessante ve lo racconto pure... ma speriamo di no e che non usciamo manco una volta così dormo e mi riposo, che manco sono tornato che già so' stanco. ^^
A presto per i prossimi aggiornamenti, magari un po' più sostanziosi!
Simone
29/08/11
20/08/11
Un turno estivo in ambulanza.
Ieri ho fatto un turno in ambulanza.
Era un sacco che non ne facevo uno, ero un po' preoccupato ma alla fine è andata anche meglio del previsto. Sarà che è stata una giornata tranquilla, per fortuna, ed è andato tutto senza intoppi o problemi.
Comunque sia, durante il servizio è successa una cosa che mi ha fatto riflettere: andiamo a casa di un paziente, per una chiamata, e troviamo questo signore con un problema sanitario tutto sommato non grave (senza stare a spiegare ogni dettaglio, che non affitto più!) ma che ha comunque richiesto il ricovero.
Essendo io un semplice soccorritore non potevo mettermi lì a toccare e visitare questa persona più di tanto (e non ne sarei nemmeno capace, sinceramente) e di cartelle cliniche o vecchi esami a disposizione non c'era nulla.
Insomma eravamo con un paziente, ma io non ero né abbastanza bravo da capire da me che cosa avesse, e né avevo a disposizione esami e test fatti da altri per chiarirmi le idee. L'unica opzione è stata quella di aspettare la decisione dell'infermiere (sull'ambulanza c'è sempre un sanitario, e ovviamente è lui che dà le indicazioni a noi volontari) caricare il paziente in barella e portarlo in ospedale.
E non è che io pretenda di curare le persone per strada, fare il medico figo tipo ER o chissà che. Solo che stare lì a guardare senza capire una mazza non è comunque il massimo della mia aspirazione, e - almeno in questo momento - trovo che il soccorso in ambulanza non sia forse il settore più adatto per imparare a fare il medico.
Durante i primi tirocini, la professoressa del reparto di Medicina Interna ci faceva studiare le cartelle cliniche dei pazienti. Stare lì a leggersi analisi e visite specialistiche scritte nella calligrafia indecifrabile dei dottori è in effetti decisamente meno eccitante rispetto a salire su un'ambulanza in sirena... ma credo che per imparare sia a tutti gli effetti il sistema migliore.
Detto questo, penso che riprenderò comunque a fare servizio di 118 con più frequenza: mi piace andare in ambulanza, tutto sommato mi diverto anche in compagnia dei colleghi volontari e infermieri, e rimane comunque una possibilità per stare a contatto con i pazienti e con l'ambiente medico e ospedaliero.
Resta sempre il problema di trovare una situazione più adeguata dove riuscire ad acquistare l'esperienza pratica che al momento mi manca quasi completamente, e a Settembre insomma ricomincerà la ricerca di un reparto o di un servizio di Croce Rossa che mi offra questo tipo di possibilità. Tutto sommato il reparto di Medicina Interna che ho frequentato va già abbastanza bene... ma vorrei guardarmi ancora un po' intorno e magari andare in più posti differenti. Oltre a questo devo dare 3 esoneri di Farmacologia, e credo intorno al 16 Settembre inizieranno le lezioni del quarto anno... e insomma adesso sparirò per un'altra settimana di vacanza, ma poi mi toccherà rimboccarmi di nuovo le maniche.
Da lato libri e scrittura vi informo che c'è in ballo una ri-edizione digitale (cioè sempre in formato elettronico, e non cartaceo) di uno dei miei libri con un piccolo - ma agguerrito - editore. Ora gli ebook da questo blog già li ho tolti e anzi mi ero già quasi scordato di averceli, ma quell'ebook in particolare l'ho tolto anche da tutti gli altri miei siti link blog facebook e robe internettiane varie, visto che magari poi l'editore ci rimaneva male.
In ogni caso la versione ri-editata sarà (appunto) ri-editata per cui dovrebbe essere anche più pulita, leggibile e tutto il resto. Riguardo al titolo non vi dico qual è così rimane l'effetto sorpresa... anche se a capire quello che manca ci metterete un secondo.
Ma scommetto che sarà un secondo di grande tensione.
Simone
Era un sacco che non ne facevo uno, ero un po' preoccupato ma alla fine è andata anche meglio del previsto. Sarà che è stata una giornata tranquilla, per fortuna, ed è andato tutto senza intoppi o problemi.
Comunque sia, durante il servizio è successa una cosa che mi ha fatto riflettere: andiamo a casa di un paziente, per una chiamata, e troviamo questo signore con un problema sanitario tutto sommato non grave (senza stare a spiegare ogni dettaglio, che non affitto più!) ma che ha comunque richiesto il ricovero.
Essendo io un semplice soccorritore non potevo mettermi lì a toccare e visitare questa persona più di tanto (e non ne sarei nemmeno capace, sinceramente) e di cartelle cliniche o vecchi esami a disposizione non c'era nulla.
Insomma eravamo con un paziente, ma io non ero né abbastanza bravo da capire da me che cosa avesse, e né avevo a disposizione esami e test fatti da altri per chiarirmi le idee. L'unica opzione è stata quella di aspettare la decisione dell'infermiere (sull'ambulanza c'è sempre un sanitario, e ovviamente è lui che dà le indicazioni a noi volontari) caricare il paziente in barella e portarlo in ospedale.
E non è che io pretenda di curare le persone per strada, fare il medico figo tipo ER o chissà che. Solo che stare lì a guardare senza capire una mazza non è comunque il massimo della mia aspirazione, e - almeno in questo momento - trovo che il soccorso in ambulanza non sia forse il settore più adatto per imparare a fare il medico.
Durante i primi tirocini, la professoressa del reparto di Medicina Interna ci faceva studiare le cartelle cliniche dei pazienti. Stare lì a leggersi analisi e visite specialistiche scritte nella calligrafia indecifrabile dei dottori è in effetti decisamente meno eccitante rispetto a salire su un'ambulanza in sirena... ma credo che per imparare sia a tutti gli effetti il sistema migliore.
Detto questo, penso che riprenderò comunque a fare servizio di 118 con più frequenza: mi piace andare in ambulanza, tutto sommato mi diverto anche in compagnia dei colleghi volontari e infermieri, e rimane comunque una possibilità per stare a contatto con i pazienti e con l'ambiente medico e ospedaliero.
Resta sempre il problema di trovare una situazione più adeguata dove riuscire ad acquistare l'esperienza pratica che al momento mi manca quasi completamente, e a Settembre insomma ricomincerà la ricerca di un reparto o di un servizio di Croce Rossa che mi offra questo tipo di possibilità. Tutto sommato il reparto di Medicina Interna che ho frequentato va già abbastanza bene... ma vorrei guardarmi ancora un po' intorno e magari andare in più posti differenti. Oltre a questo devo dare 3 esoneri di Farmacologia, e credo intorno al 16 Settembre inizieranno le lezioni del quarto anno... e insomma adesso sparirò per un'altra settimana di vacanza, ma poi mi toccherà rimboccarmi di nuovo le maniche.
Da lato libri e scrittura vi informo che c'è in ballo una ri-edizione digitale (cioè sempre in formato elettronico, e non cartaceo) di uno dei miei libri con un piccolo - ma agguerrito - editore. Ora gli ebook da questo blog già li ho tolti e anzi mi ero già quasi scordato di averceli, ma quell'ebook in particolare l'ho tolto anche da tutti gli altri miei siti link blog facebook e robe internettiane varie, visto che magari poi l'editore ci rimaneva male.
In ogni caso la versione ri-editata sarà (appunto) ri-editata per cui dovrebbe essere anche più pulita, leggibile e tutto il resto. Riguardo al titolo non vi dico qual è così rimane l'effetto sorpresa... anche se a capire quello che manca ci metterete un secondo.
Ma scommetto che sarà un secondo di grande tensione.
Simone
03/08/11
Riflessioni di metà percorso - 1: il blog, e la scrittura.
Passata questa sessione di esami, e in un momento di relativa calma come quello estivo, mi sono trovato a riflettere sulla mia decisione di riprendere gli studi e sulle conseguenze che questo ha portato negli ultimi tre anni.
Penso che affronterò il discorso a più riprese, ma per adesso partiamo dal blog e dalla scrittura... senza i quali - tutto sommato - non saremmo nemmeno qui a discutere.
Insomma, il blog. Se torno all'agosto del 2008, sul mio Lo scrittore emergente trovo i consueti affardellamenti mentali sugli ebook che mi facevo all'epoca, in un post che non sono riuscito a rileggere per intero nemmeno io.
Qualche giorno prima avevo festeggiato la futura pubblicazione del mio libro e poi - sempre nello stesso periodo - ritrovo il seguente annuncio:
"...ripeto per chi è stato poco attento (o semplicemente non si legge tutti i commenti) che a breve farò il test di ammissione alla facoltà di Medicina, dopo di che smetterò di aggiornare codesto blog ivi presente per tenerne un altro..."
Insomma stavo per ricominciare l'università, e contemporaneamente chiudevo il blog sulla scrittura che mi aveva tenuto compagnia durante i miei anni da aspirante scrittore emergente, o quello che ero.
A rivedere le cose così da lontano, mi sembra evidente la voglia di cambiamento e di vera e propria rottura che avevo allora: basta parlare di libri, e basta con la vecchia professione da ingegnere. Tra l'altro è stato anche l'inizio della fine, per così dire, della mia carriera di scrittore online: se tre anni fa un discorso senza capo né coda sui puntini di sospensione attirava anche 30 commenti, oggi parlare di rianimazione cardiopolmonare o di esami universitari scomoda - nel migliore dei casi - una decina di lettori.
Ma questo mi ha anche aperto gli occhi: ora perdonate la filosofia da quattro soldi, ma se rimaniamo sempre fermi in un punto, tutto ci appare da una sola prospettiva. A spostarsi un po' le cose cambiano, e piano piano io ho capito che - se c'era tanta gente che mi leggeva - non lo dovevo alle mie capacità, agli argomenti da me trattati e neppure al mio enigmatico carisma, ma al solo fatto che la scrittura fine a sé stessa interessa e piace di più di una scrittura più pratica o comunicativa.
Mi spiego: sembra un controsenso, ma nel momento in cui applichi certi concetti piuttosto che girarci attorno con le solite quattro argomentazioni, scopri che gli scrittori online sono un'infinità mentre i potenziali lettori sono solo una frazione del totale. Del resto, anche i piccoli editori e molte realtà anche un po' più grandi tendono a rivendere i libri agli scrittori stessi: perché su Internet dovrebbe essere diverso?
E insomma, la verità è che scrivere non è necessariamente tutta questa gran cosa. Davvero. E nemmeno leggere. La visione poetica ed elevata del rapporto autore/lettore è una robaccia che si sono inventati per girare drammatici film su autori affascinanti, quando nella realtà gli scrittori sono arroganti e antipatici. La verità è che si rischia di infognarsi su temi e discussioni vuote e auto-alimentate, ma che poi ci rendono esperti di un bel nulla. Si rischia di faticare, arrabbiarsi, sudare, soffrire anche... alla ricerca di un qualcosa che poi non vale un accidenti di niente.
Eppure, dopo tutta questa pars destruens (eh, chissà che svarione ho scritto?! ^^) ammetto che la mia attività di scrittore ha avuto anche un aspetto che mi ha gratificato. C'è un momento in cui capisci che hai attivato un certo meccanismo, e che dalle parole è nato anche qualcos'altro oltre alle solite chiacchiere. E la mia soddisfazione più grande non è arrivata dal blog sulla scrittura, non dal romanzo dei gatti (che comunque, se agli editori non è piaciuto quello, che vadano davvero a zappare l'orto!) e nemmeno il libro che ho pubblicato. Il mio migliore, più importante e concreto risultato - come autore - è questo post: la mia seconda laurea in medicina.
Un testo semplice, una spiegazione chiara e diretta, per riportare a parole un'esperienza personale tutto sommato banale. Se lo scorrete, sotto alla fine del post ci sono 150 commenti. E lo so che almeno 70 di quei commenti saranno i miei, dove rispondo a questo o quell'altro, ma gli altri sono di persone che si sono interessate. Persone curiose, critiche o pronte a dare un appoggio. E anche tanti, una marea, che stavano meditando l'idea di ricominciare a studiare a chissà che età, e hanno trovato qualcuno a cui chiedere per tanti dubbi. Qualcuno che si trovasse - come nel mio caso - a poter raccontare un'esperienza simile alla loro.
Discutere del mondo, elaborarlo e presentarlo agli altri. Trasmettere un pezzetto della nostra vita, che poi chissà perché può assomigliare alla vita di qualcun altro. Questo è scrivere, vivere, comunicare, secondo me.
E se tre anni fa ricevevo lettere di persone che mi chiedevano come diventare scrittore, come presentare un libro a un editore e come migliorare la tecnica narrativa e altri drammatici problemi letterari, ora mi scrive gente che si trova di fronte a decisioni importanti, che vuole riprendere gli studi e che cerca una possibilità di maturare, di cambiare e di arricchirsi interiormente. E come posso mettere queste cose sulla stessa bilancia? Come è possibile pensare che siano anche solo paragonabili?
A ripensarci, a tre anni di distanza, penso che alla fine si è trattato semplicemente di lasciar perdere le cose che mi pesavano per concentrarmi su quelle che volevo sul serio. E adesso mi sembra quasi una specie di percorso, un'impalcatura complessa ma che chissà come si regge in piedi: l'aspirante scrittore che poi si iscrive a medicina, e poi il medico (e quello pure aspirante!) che si ritrova a dare consigli a chi gli scrive.
Forse non è che una cosa abbia necessariamente lasciato il posto a un'altra, ma è più un mescolarsi di varie componenti. E più passa il tempo e più mi pare che la persona che potevo essere stia - finalmente - prendendo forma.
Simone
Penso che affronterò il discorso a più riprese, ma per adesso partiamo dal blog e dalla scrittura... senza i quali - tutto sommato - non saremmo nemmeno qui a discutere.
Insomma, il blog. Se torno all'agosto del 2008, sul mio Lo scrittore emergente trovo i consueti affardellamenti mentali sugli ebook che mi facevo all'epoca, in un post che non sono riuscito a rileggere per intero nemmeno io.
Qualche giorno prima avevo festeggiato la futura pubblicazione del mio libro e poi - sempre nello stesso periodo - ritrovo il seguente annuncio:
"...ripeto per chi è stato poco attento (o semplicemente non si legge tutti i commenti) che a breve farò il test di ammissione alla facoltà di Medicina, dopo di che smetterò di aggiornare codesto blog ivi presente per tenerne un altro..."
Insomma stavo per ricominciare l'università, e contemporaneamente chiudevo il blog sulla scrittura che mi aveva tenuto compagnia durante i miei anni da aspirante scrittore emergente, o quello che ero.
A rivedere le cose così da lontano, mi sembra evidente la voglia di cambiamento e di vera e propria rottura che avevo allora: basta parlare di libri, e basta con la vecchia professione da ingegnere. Tra l'altro è stato anche l'inizio della fine, per così dire, della mia carriera di scrittore online: se tre anni fa un discorso senza capo né coda sui puntini di sospensione attirava anche 30 commenti, oggi parlare di rianimazione cardiopolmonare o di esami universitari scomoda - nel migliore dei casi - una decina di lettori.
Ma questo mi ha anche aperto gli occhi: ora perdonate la filosofia da quattro soldi, ma se rimaniamo sempre fermi in un punto, tutto ci appare da una sola prospettiva. A spostarsi un po' le cose cambiano, e piano piano io ho capito che - se c'era tanta gente che mi leggeva - non lo dovevo alle mie capacità, agli argomenti da me trattati e neppure al mio enigmatico carisma, ma al solo fatto che la scrittura fine a sé stessa interessa e piace di più di una scrittura più pratica o comunicativa.
Mi spiego: sembra un controsenso, ma nel momento in cui applichi certi concetti piuttosto che girarci attorno con le solite quattro argomentazioni, scopri che gli scrittori online sono un'infinità mentre i potenziali lettori sono solo una frazione del totale. Del resto, anche i piccoli editori e molte realtà anche un po' più grandi tendono a rivendere i libri agli scrittori stessi: perché su Internet dovrebbe essere diverso?
E insomma, la verità è che scrivere non è necessariamente tutta questa gran cosa. Davvero. E nemmeno leggere. La visione poetica ed elevata del rapporto autore/lettore è una robaccia che si sono inventati per girare drammatici film su autori affascinanti, quando nella realtà gli scrittori sono arroganti e antipatici. La verità è che si rischia di infognarsi su temi e discussioni vuote e auto-alimentate, ma che poi ci rendono esperti di un bel nulla. Si rischia di faticare, arrabbiarsi, sudare, soffrire anche... alla ricerca di un qualcosa che poi non vale un accidenti di niente.
Eppure, dopo tutta questa pars destruens (eh, chissà che svarione ho scritto?! ^^) ammetto che la mia attività di scrittore ha avuto anche un aspetto che mi ha gratificato. C'è un momento in cui capisci che hai attivato un certo meccanismo, e che dalle parole è nato anche qualcos'altro oltre alle solite chiacchiere. E la mia soddisfazione più grande non è arrivata dal blog sulla scrittura, non dal romanzo dei gatti (che comunque, se agli editori non è piaciuto quello, che vadano davvero a zappare l'orto!) e nemmeno il libro che ho pubblicato. Il mio migliore, più importante e concreto risultato - come autore - è questo post: la mia seconda laurea in medicina.
Un testo semplice, una spiegazione chiara e diretta, per riportare a parole un'esperienza personale tutto sommato banale. Se lo scorrete, sotto alla fine del post ci sono 150 commenti. E lo so che almeno 70 di quei commenti saranno i miei, dove rispondo a questo o quell'altro, ma gli altri sono di persone che si sono interessate. Persone curiose, critiche o pronte a dare un appoggio. E anche tanti, una marea, che stavano meditando l'idea di ricominciare a studiare a chissà che età, e hanno trovato qualcuno a cui chiedere per tanti dubbi. Qualcuno che si trovasse - come nel mio caso - a poter raccontare un'esperienza simile alla loro.
Discutere del mondo, elaborarlo e presentarlo agli altri. Trasmettere un pezzetto della nostra vita, che poi chissà perché può assomigliare alla vita di qualcun altro. Questo è scrivere, vivere, comunicare, secondo me.
E se tre anni fa ricevevo lettere di persone che mi chiedevano come diventare scrittore, come presentare un libro a un editore e come migliorare la tecnica narrativa e altri drammatici problemi letterari, ora mi scrive gente che si trova di fronte a decisioni importanti, che vuole riprendere gli studi e che cerca una possibilità di maturare, di cambiare e di arricchirsi interiormente. E come posso mettere queste cose sulla stessa bilancia? Come è possibile pensare che siano anche solo paragonabili?
A ripensarci, a tre anni di distanza, penso che alla fine si è trattato semplicemente di lasciar perdere le cose che mi pesavano per concentrarmi su quelle che volevo sul serio. E adesso mi sembra quasi una specie di percorso, un'impalcatura complessa ma che chissà come si regge in piedi: l'aspirante scrittore che poi si iscrive a medicina, e poi il medico (e quello pure aspirante!) che si ritrova a dare consigli a chi gli scrive.
Forse non è che una cosa abbia necessariamente lasciato il posto a un'altra, ma è più un mescolarsi di varie componenti. E più passa il tempo e più mi pare che la persona che potevo essere stia - finalmente - prendendo forma.
Simone
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