
Passata questa sessione di esami, e in un momento di relativa calma come quello estivo, mi sono trovato a riflettere sulla mia decisione di riprendere gli studi e sulle conseguenze che questo ha portato negli ultimi tre anni.
Penso che affronterò il discorso a più riprese, ma per adesso partiamo dal blog e dalla scrittura... senza i quali - tutto sommato - non saremmo nemmeno qui a discutere.
Insomma, il blog. Se torno all'agosto del 2008, sul mio
Lo scrittore emergente trovo i consueti
affardellamenti mentali sugli ebook che mi facevo all'epoca, in un post che non sono riuscito a rileggere per intero nemmeno io.
Qualche giorno prima avevo
festeggiato la futura pubblicazione del mio libro e poi - sempre nello stesso periodo - ritrovo il seguente annuncio:
"...ripeto per chi è stato poco attento (o semplicemente non si legge tutti i commenti) che a breve farò il test di ammissione alla facoltà di Medicina, dopo di che smetterò di aggiornare codesto blog ivi presente per tenerne un altro..."Insomma stavo per ricominciare l'università, e contemporaneamente chiudevo il blog sulla scrittura che mi aveva tenuto compagnia durante i miei anni da aspirante scrittore emergente, o quello che ero.
A rivedere le cose così da lontano, mi sembra evidente la voglia di cambiamento e di vera e propria rottura che avevo allora: basta parlare di libri, e basta con la vecchia professione da ingegnere. Tra l'altro è stato anche
l'inizio della fine, per così dire, della mia carriera di scrittore online: se tre anni fa un
discorso senza capo né coda sui puntini di sospensione attirava anche 30 commenti, oggi parlare di rianimazione cardiopolmonare o di esami universitari scomoda - nel migliore dei casi - una decina di lettori.
Ma questo mi ha anche aperto gli occhi: ora perdonate la filosofia da quattro soldi, ma se rimaniamo sempre fermi in un punto, tutto ci appare da una sola prospettiva. A spostarsi un po' le cose cambiano, e piano piano io ho capito che - se c'era tanta gente che mi leggeva - non lo dovevo alle mie capacità, agli argomenti da me trattati e neppure al mio
enigmatico carisma, ma al solo fatto che la scrittura
fine a sé stessa interessa e piace di più di una scrittura più pratica o comunicativa.
Mi spiego: sembra un controsenso, ma nel momento in cui applichi certi concetti piuttosto che girarci attorno con le solite quattro argomentazioni, scopri che gli scrittori online sono un'infinità mentre i potenziali lettori sono solo una frazione del totale. Del resto, anche i piccoli editori e molte realtà anche un po' più grandi tendono a rivendere i libri agli scrittori stessi: perché su Internet dovrebbe essere diverso?
E insomma, la verità è che scrivere non è necessariamente tutta questa gran cosa. Davvero. E nemmeno leggere. La visione poetica ed elevata del rapporto autore/lettore è una robaccia che si sono inventati per girare drammatici film su autori affascinanti, quando nella realtà gli scrittori sono arroganti e antipatici. La verità è che si rischia di infognarsi su temi e discussioni vuote e auto-alimentate, ma che poi ci rendono esperti di un bel nulla. Si rischia di faticare, arrabbiarsi, sudare, soffrire anche... alla ricerca di un qualcosa che poi non vale un accidenti di niente.
Eppure, dopo tutta questa
pars destruens (eh, chissà che svarione ho scritto?! ^^) ammetto che la mia attività di scrittore ha avuto anche un aspetto che mi ha gratificato. C'è un momento in cui capisci che hai attivato un certo meccanismo, e che dalle parole è nato anche qualcos'altro oltre alle solite chiacchiere. E la mia soddisfazione più grande non è arrivata dal blog sulla scrittura, non dal romanzo dei gatti (che comunque, se agli editori non è piaciuto quello, che vadano davvero a zappare l'orto!) e nemmeno il libro che ho pubblicato. Il mio migliore, più importante e concreto risultato - come autore - è questo post:
la mia seconda laurea in medicina.
Un testo semplice, una spiegazione chiara e diretta, per riportare a parole un'esperienza personale tutto sommato banale. Se lo scorrete, sotto alla fine del post ci sono 150 commenti. E lo so che almeno 70 di quei commenti saranno i miei, dove rispondo a questo o quell'altro, ma gli altri sono di persone che si sono interessate. Persone curiose, critiche o pronte a dare un appoggio. E anche tanti, una marea, che stavano meditando l'idea di ricominciare a studiare a chissà che età, e hanno trovato qualcuno a cui chiedere per tanti dubbi. Qualcuno che si trovasse - come nel mio caso - a poter raccontare un'esperienza simile alla loro.
Discutere del mondo, elaborarlo e presentarlo agli altri. Trasmettere un pezzetto della nostra vita, che poi chissà perché può assomigliare alla vita di qualcun altro. Questo è scrivere, vivere, comunicare, secondo me.
E se tre anni fa ricevevo lettere di persone che mi chiedevano come diventare scrittore, come presentare un libro a un editore e come migliorare la tecnica narrativa e altri drammatici
problemi letterari, ora mi scrive gente che si trova di fronte a decisioni importanti, che vuole riprendere gli studi e che cerca una possibilità di maturare, di cambiare e di arricchirsi interiormente. E come posso mettere queste cose sulla stessa bilancia? Come è possibile pensare che siano anche solo paragonabili?
A ripensarci, a tre anni di distanza, penso che alla fine si è trattato semplicemente di lasciar perdere le cose che mi pesavano per concentrarmi su quelle che volevo sul serio. E adesso mi sembra quasi una specie di percorso, un'impalcatura complessa ma che chissà come si regge in piedi: l'aspirante scrittore che poi si iscrive a medicina, e poi il medico (e quello pure aspirante!) che si ritrova a dare consigli a chi gli scrive.
Forse non è che una cosa abbia necessariamente lasciato il posto a un'altra, ma è più un mescolarsi di varie componenti. E più passa il tempo e più mi pare che la persona che
potevo essere stia - finalmente - prendendo forma.
Simone