29/11/11

Università dopo i 30 anni: laurearsi in Medicina senza saper fare niente.

Le mie prime esperienze in reparto, mi hanno fatto capire che l'idea dell'ospedale dove tu ti presenti e trovi qualcuno che ti spiega tutto è piuttosto fuori dal mondo.

La realtà è che i professori più sono disponibili e più sono carichi di impegni e responsabilità e di persone che li cercano, per cui al limite gli studenti sono solo uno dei tanti problemi che devono risolvere a fine giornata. Più di una persona mi ha consigliato di affidarmi più agli specializzandi che ai docenti, perché loro stessi a loro tempo magari hanno fatto così.

Io però non mi scoraggio e ce la metto tutta: cerco di stare in reparto il più possibile, e se capita di dover fare qualcosa nel corso di una medicazione o di una visita ambulatoriale non mi tiro mai indietro. Soltanto è difficile trovare l'ambiente giusto, le persone adatte, il momento preciso e anche un po' il coraggio di farsi avanti senza aspettare troppo e rischiando così di perdere un'occasione.

Davvero, ve lo dirò chiaramente: imparare a fare il medico è difficile. E vi sembrerà che abbia detto un qualcosa di assolutamente banale, ma quello che voglio dire è che la difficoltà non sta tanto nel dare gli esami o ricordarsi i nomi dei farmaci a memoria, o avere la media del 30. Anche quello è difficile, al punto infatti che io di media ho 25 e mi scordo sempre qualsiasi cosa. Ma quelli sono gli esami, e alla fine qualsiasi studente universitario deve apprendere le proprie materie e che la cosa sarebbe stata impegnativa era implicito fin dall'inizio. Imparare invece ad avvicinarsi a un paziente, fare domande, auscultare, percuotere e tutto il resto per poi magari andare avanti con qualche procedura medica o chirurgica è un qualcosa che in principio può sembrare anche semplice, ma quando ti trovi di fronte all'atto pratico lo è tutt'altro.

La teoria e lo studio sono una sorta di astrazione della medicina. Un'astrazione che poi, però, devi riuscire a ricondurre alla realtà quando ti trovi davanti a un paziente in carne e ossa. E in reparto sei caricato da una serie di condizioni di stress che rendono tutto ancora più faticoso: intanto magari non sai nemmeno cosa aspettarti e nel vedere alcune cose - semplicemente - hai difficoltà anche solo a mantenere la calma. Poi non sai se toccherà fare qualcosa a te, non sai come farlo, non sai se farti avanti quando non ti si fila nessuno... poi c'è la malattia e la condizione fisica di chi ti trovi davanti, che dovrebbe essere il punto principale da affrontare ma che alla fine - per uno studente - è solo uno dei tanti fattori che stanno nel gioco.

Penso che sia facile passare questi sei anni così: appoggiato a una parete durante i tirocini obbligatori. Di medicazioni e semeiotica te ne infischi, perché tanto lasci passare avanti chi ha più voglia di te. Poi in sala operatoria non ci metti manco piede, e se devi frequentare un reparto ci vai una volta sì e tre no che tanto a te non ci pensa nessuno, e nessuno ti dirà mai niente.

E invece il difficile è fare come me e tanti altri ragazzi più giovani: cercare il reparto giusto, stare dietro ai professori e agli specializzandi. Sentirsi sempre fuori posto ed entrare in ambulatori e sale operatorie sempre con la sensazione che forse stai davvero rompendo le palle e prima o poi qualcuno ti caccerà a pedate. Alla fine io torno a casa che sono stanco, e non è facile pensare di dover tenere l'acceleratore premuto a questo modo per altri 2-3 anni.

Mi sono detto che, alla fine di questa laurea, vorrei per lo meno essere in grado di visitare un paziente e capire dove potrebbe essere il problema e verso quali strutture o specialisti indirizzarlo. Saper fare un minimo di medicazioni semplici. Dare un farmaco e poi, che ne so, capire qualcosa se vedo un elettrocardiogramma o una lastra, oppure una TAC.

La mia più grande paura, invece, è di continuare a correre tra esami e reparti stancandomi a morte e perdendo una montagna di tempo, ma di laurearmi comunque alla fine senza saper fare assolutamente niente.

E in un certo senso io lo so già che alla fine riuscirò a ottenere i risultati che voglio, e che insomma questa cosa non si avvererà. Però la paura ce l'ho lo stesso, e per ora non posso fare altro che tenermela e conviverci.


Simone

24/11/11

Medicina, quarto anno: ultimi aggiornamenti.

Intanto vi dico subito che sono contento: continuo a ricevere mail e messaggi di persone interessate a una seconda laurea o a iniziare gli studi "tardi" o sventure analoghe, e l'idea che questo blog possa servire anche a incoraggiare (o scoraggiare, nel caso) qualcuno mi fa pensare che in fondo valga la pena continuare a investirci un po' di tempo.

Spero solo di non dare il cattivo esempio, ma poi tutto sommato io racconto la mia esperienza particolare e qualcun altro - ovviamente - dovrà poi decidere per conto suo e in base a quello che si sente di fare.

Detto questo, veniamo alla situazione attuale, che forse qui c'è un po' meno da essere contenti:

Il tirocinio in urologia è quasi finito, così per lo meno dovrei avere qualche ora in più per studiare o per fare semplicemente le cose un po' meno di corsa. Un po' mi dispiace perché per imparare anche solo a capire cos'hanno i vari pazienti ci vorrebbe molta più pratica, e un tirocinio di qualche giorno non basta. L'idea credo sia che se ti interessa una certa materia chiedi di farci la tesi e poi - dopo la laurea - ti ci specializzi anche.  Ma se sei come me e i settori medici ti piacciono tutti diventa una situazione piuttosto frustrante, senza contare poi che il discorso specializzazione (che oggi non affronto) è di per sé già abbastanza nero.

Dopo il tirocinio di urologia partirà, quando arriveranno notizie dall'alto, il tirocinio in gastroenterologia. Questa è una materia un po' più clinica, e sarà un buon sistema (spero) per imparare un po' meglio qualcosa di un po' più teorico che poi dovrebbe restarmi (spero) anche per le materie future. Il fatto che il tirocinio inizierà probabilmente in concomitanza con gli esami è un punto non proprio a favore, questo no.

Riguardo gli esami, il 14 Dicembre ho Patologia Integrata 3, e a Gennaio non ricordo quando ho Patologia Integrata 2. Faccio la 3 prima della 2, come tutti o quasi quelli del mio corso, perché la 3 pareva più difficile e facendo così c'era più tempo per prepararla con calma. Cosa che ovviamente non è successa e il 14 si avvicina mentre io non so proprio come farò a studiare tutta la roba che mi manca.

Il guaio è che non c'era abbastanza tempo. Tra tirocini, lezioni, internati sono sempre stanco e ho praticamente fuso, ma a sentire gli altri studenti stiamo tutti più o meno messi così e insomma: faremo anche questi esami.

Ah, domani ho un esonero di Farmacologia. Fatemi un in bocca al lupo!

Simone

22/11/11

L'internato a Urologia.

Noto ingegnere chirurgo romano.
Il tirocinio a Urologia mi sta distruggendo:

Dopo ripetute prove di trial&error e complessi calcoli fisico-matematici, ho posizionato la sveglia alle 7 meno 5: che per qualcuno sarà giorno inoltrato, ma per me è 5 minuti prima di troppo presto.

Se arrivi in reparto alle 8 spaccate trovi la stanza degli studenti aperta e ti puoi cambiare in tempo e ok. Se arrivi alle 8 e 5 becchi qualcuno che sta ancora uscendo e ok. Alle 8 e 10 devi già andare in reparto a cercare uno specializzando che ti lasci la chiave perché la stanza è chiusa e non puoi mica lasciare lo zaino sul letto di qualche paziente e ok. Alle 8 e 15 il giro visite è già finito, per cui insomma tanto valeva che ti svegliavi un'ora dopo che almeno non facevi tutta 'sta storia che hai sonno e tutto il resto. E ok pure qua.

In genere rimango in reparto fino alle 10 e mezza. Poi vado a lezione fino alle 2, e diverse volte dopo pranzo ho anche delle cavolo di lezioni aggiuntive simil-tirocinio fino alle 5... e poi secondo loro dovrei pure studiare. Vabbé.

Diciamo pure che un'ottima ragione per scegliere Medicina Interna è che il giro visite è alle 9, che poi magari a uno della Medicina Interna non gliene frega niente però vuoi mettere a poter dormire 1 ora di più per tutta la tua vita lavorativa? Non per niente è una specializzazione ambitissima.

E confesso che i primi giorni questa Urologia non mi stava piacendo un gran che. Non mi stava piacendo un gran che proprio per niente. Un po' perché è tutta chirurgia e io della chirurgia ancora c'ho troppa strizza, un po' perché insomma non è che l'urologo abbia questa fama di scienziato nobile quanto un neurochirurgo o il tizio che faceva la modifica alla Playstation quando facevo ingegneria. Non mi piaceva proprio un po' anche perché sembra che tra specializzandi e professori non ti si fili davvero nessuno e non vedano l'ora che ti laurei così ti specializzi in qualcos'altro e ti levi di torno, che tanto lì non entrerai mai. Al massimo una volta ho trovato uno che mi ha spiegato tutto un intervento di chirurgia complicatissima... ma poi ho scoperto che era uno studente dell'anno dopo del mio e insomma, magari non era il caso di prendere tutti quegli appunti.

Però, dicevo, questo solo i primi giorni. Poi ho capito che nessuno ti si fila troppo ma nessuno nemmeno si scoccia più di tanto se gli domandi qualcosa. Non ti dicono: vai lì e fai questo che così sai dove andare e cosa fare, però se prendi e vai e entri in qualche sala o ambulatorio non succede nemmeno che ti cacciano. È come se fossi uno dello staff a tutti gli effetti, solo senza particolari compiti, impieghi né doti carismatiche che impongano agli altri la particolare esigenza di pensare a quello che stai facendo te.

E insomma, il primo impatto non è stato semplice, ma poi ho iniziato a sentirmi un po' più a mio agio e ora che l'internato è quasi concluso addirittura un po' mi dispiace, che quasi quasi iniziavano a starmi pure simpatici.

Da un punto di vista dell'idea di imparare a fare il dottore (che era la base dalla quale mi pare di essere partito) tra sala operatoria, ambulatorio, endoscopie e medicazioni varie ho visto un bel po' di cose ma non è che - da solo - abbia fatto chissà che. Non che non sia soddisfatto o altro: non è che arrivo io del quarto anno, e dopo 3 giorni pretendo che mi mettano in mano il bisturi. Ci mancherebbe altro, e io i bisturi meno li vedo e meglio sto che poi finisce pure che mi sento male. Ma riuscire a impratichirsi realmente per quello che riguarda l'aspetto pratico è davvero faticoso: essere alle prime esperienze carica ogni cosa di un fattore emotivo enorme, e c'è la difficoltà aggiuntiva del doversi trovare nel posto giusto e con le persone adatte disposte a insegnarti.

E credo sia un po' il rischio di tutti gli studenti in Medicina, quello di laurearsi senza le abilità pratiche basilari. Cioè: se davvero vuoi, finisce che ti laurei senza che in reparto tu ci abbia mai neanche messo piede. Ma questo è un discorso bello corposo, e lo affronterei più volentieri a parte, un'altra volta. Quando magari ho un po' meno sonno.

Dopo questo internato in Urologia, comunque, inizierò quello in Gastroenterologia. Cioè lo inizierò dopo, nel senso che tra Dicembre e Agosto prossimo dovrebbero chiamarmi per andare lì 2 settimane. Almeno è un indirizzo medico e non chirurgico, che di sale operatorie per un po' non voglio troppo sentirne parlare.

E speriamo davvero che lì, il giro visite, sia almeno alle 9.

Simone

21/11/11

Seconda laurea, quarto anno: tra un po' si inizia sul serio.

È appena iniziato il terzo mese di lezione del quarto anno di medicina, e di novità sostanziali - rispetto a quello che vi ho raccontato l'ultima volta - tutto sommato non ce ne sono.

La prossima settimana inizia il corso di gastroenterologia, e si andrà avanti ancora con lezioni e tirocini fino ai primi di Dicembre. E insomma, finora quest'anno è andato avanti tranquillo e leggero... anche troppo.

Solo che a breve si cambia registro: intanto dalla prossima settimana inizio un internato di una quindicina di giorni in un reparto (urologia), che spero sarà di aiuto per l'esame che devo dare a Gennaio. L'internato significa che devi stare lì prestissimo, e che finito il reparto devi anche sbrigarti ad andare a lezione che la firma per la presenza devi metterla comunque. E 'sta cosa sarebbe da commentare, ma è meglio che lasciamo perdere.

Dopo urologia penso che tornerò a medicina interna, che al momento è la specializzazione che tengo maggiormente d'occhio, e dopo medicina interna - tra un 4-6 mesi - proverò a frequentare medicina d'urgenza. Al termine di tutta questa serie di frequentazioni strane e un po' promiscue sperò che mi sarò fatto un po' meglio un'idea delle varie possibilità che offrono i diversi reparti, così da poter decidere per tempo cosa iniziare a frequentare regolarmente per poi chiedere la tesi. E lo so che pensare alla TESI sembra orribilmente prematuro, ma le cose funzionano effettivamente così.


Oltre a questo, sto già studiando da un bel po' per il primo esame (Patologia Integrata 3) che darò intorno a metà Dicembre. Il secondo esame sarà invece ai primi di Gennaio, e se ci aggiungiamo i 3 esoneri di Farmacologia che devo dare si preannunciano delle vacanze di Natale all'insegna dei libri e delle serate a casa a studiare, mentre la gente se ne sta sempre a casa ma a sfondarsi di torrone e panettoni con gli amici.

E insomma: dalla prossima settimana il mio impegno giornaliero sarà il seguente: alzataccia la mattina presto, reparto, lezione e poi a casa a studiare. Questo ovviamente senza prendere in considerazione il fatto che magari in ufficio c'è qualche impegno inderogabile che spetta per forza a me... anche se ormai le cose che facevo come ingegnere le ho praticamente abbandonate tutte e mi occupo solo di scartoffie e scocciature varie.

Scrittura, professione e anche un bel po' di ore di sonno a settimana: sono tutte cose alle quali ho rinunciato per arrivare fin qui e raccontarvi queste cose. La scrittura - e sto parlando di narrativa - al momento non mi manca. Di non fare più l'ingegnere - invece - sono sinceramente contento, anche se per non aver sfruttato la laurea mi sento un po' in colpa e la cosa mi brucerà sempre un po'.

A dormire poco,  invece, sono già abituato. Anzi: da quando ho ripreso a studiare - chissà perché - mi sembra anche di dormire un po' meglio. Forse perchè vivo meglio e sono più sereno.

O forse perché bevo anche meno caffé.

Simone

17/11/11

Il tirocinio dove non ti si fila nessuno.

Credo valga la pena di parlare un po' di questa esperienza piuttosto comune tra gli studenti di Medicina... e credo anche di tante altre facoltà.

Capita cioè che magari una mattina hai tirocinio, e la sera prima metti la sveglia prestissimo per paura di fare tardi. Alla mattina ti alzi col sonno letale tipico da studente universitario, ti fai comunque tutto il traffico in strada fino all'università perché a Roma c'è traffico anche alle 5 di mattina (non che in vita mia sia mai uscito di casa a quell'ora, ma lo presumo).

Parcheggi e tutto quanto correndo come un matto perché tanto sei comunque in ritardo, becchi il gruppetto di altri studenti tuoi co-tirocinanti e quando finalmente tutti insieme andate in reparto a cercare il professore succede una delle cose seguenti:

1) Il professore prende uno specializzando, e gli dice "fagli vedere qualcosa tu".

A quel punto lo specializzando proverà a scaricarvi a un internato (sarebbe uno che sta lì a lavorare gratis) e l'internato a sua volta se ne trova uno vi appiopperà a uno studente che sta facendo la tesi. All'ultimo della fila non resterà altro da fare che farvi vedere effettivamente qualcosa (generalmente una procedura altamente specializzata a studenti che non sanno come si scrive un'anamnesi) oppure distrarvi con qualche stratagemma per poi sparire.

2) Il professore ha qualcosa di super-importantissimo da fare, e vi dice "aspettate qua". Poi va via, e non torna mai più.

Che se ci pensate bene è un po' come la "catena" descritta poco sopra, dove però l'ultimo anello è uno studente del terzo, quarto o quinto anno: non è che il professore vi abbia abbandonati, vi ha semplicemente scaricati a voi stessi.

3) Il professore vi ammolla a un altro professore, adducendo come scusa che quello che vi fa vedere quell'altro vi serve molto di più.

Il problema è che il secondo professore non ha alcun tipo di relazione burocratica che lo obbliga a sopportarvi (voglio dire: il tirocinio non dovevate mica farlo con lui, no?) e può tranquillamente mandarvi a fare in culo.

4) Il professore vi dice che dovete imparare non so quale particolare procedura. Vi porta in reparto, va al letto di qualcuno e gli chiede: le dispiace se questi studenti fanno pratica con lei di questa non so quale particolare procedura? 

La qual cosa, se analizziamo la situazione, significa che vi hanno appena scaricato a un paziente. Ma il paziente sa comunque molte più cose di voi.

5) Il professore non c'è, e nessuno sa dove sia o se arriverà in un futuro prossimo o remoto.

Che poi era la soluzione più facile, no?

Aggiunta alla situazione n°2 e n°5: quando il professore non si trova, se restate ad aspettarlo passerete il tirocinio in un corridoio senza fare nulla.

Se invece ve ne andate via, cinque minuti dopo il professore torna e s'incazza: che non è possibile che dei tirocini non gliene frega mai niente a nessuno!

Questa cosa, ve lo assicuro, è garantita.

Simone

13/11/11

All you can bEat: Tigre da marciapiede (bootleg). La canzone del mio libro.

Non suono da molto, registro musica da ancora meno e forse un bootleg non so tanto bene cosa sia di preciso.

In ogni caso, quella che vi faccio ascoltare è una prova fatta in saletta e ripresa con un registratorino portatile (insomma la qualità è quella che è) della prima bozza di un nuovo brano del mio gruppetto, gli All you can bEat.

La canzone si intitola (almeno per ora) Tigre da marciapiede, e se riusciremo a sistemarla a dovere sarà la colonna sonora del mio libro in uscita con Pyra Edizioni, nonché base musicale per un eventuale booktrailer allegato.

Il risultato - come è ovvio - è tutt'altro che definitivo: l'audio si sente male, la voce è coperta dalla musica e i tempi musicali sono tutti da rivedere. L'idea però era di proporvi non tanto una canzone finita da mettere nel Walkman, quanto un work in progress che mostrasse il lavoro che può esserci dietro alla stesura di un brano musicale... e dietro alla pubblicazione di un libro.

Personalmente credo che alla fine il brano sarà bellissimo, e mi piace l'idea di aver mescolato due mie (presunte) capacità creative per tirare fuori qualcosa in grado di rappresentarle entrambe. Ovviamente il merito per la musica - quando sarà finita e ascoltabile - andrà al resto del gruppo e cioè a Mattia e Gianluca, mentre il merito del libro va all'editore che mi sta dando la possibilità di pubblicarlo.

Io invece gestisco questo blog e poi il registratorino è il mio... per cui insomma anch'io la parte mia - tutto sommato - l'ho fatta.

Simone

09/11/11

Una bella notizia: pubblico un ebook con Pyra Edizioni.

La bella notizia già la sapevate, ma finalmente ve la confermo: il mio romanzo Il gatto che cadde dal Sole uscirà per davvero in formato ebook con un editore digitale, la Pyra Edizioni.

Ora, da un punto di vista semplicemente personale, non so cosa aspettarmi da un mio testo venduto in formato elettronico. Non so nemmeno se sarei felice di riprendere a scrivere narrativa e ad avere di nuovo la faccia di farmi chiamare scrittore, perchè forse la vita che faccio adesso mi piace di più di quella di 3 o 4 anni fa, e di quella che era la mia vecchia passione - come di tante altre cose - non sento ancora la mancanza.

Credo però - e qui di dubbi ne ho pochi - che in un periodo tanto deprimente come quello che sta passando l'Europa in questo momento, un ragazzo come Giuseppe Tararà (sarebbe l'editore) si meriti tutta la fortuna e l'incoraggiamento e la passione che gli possiamo trasmettere.

Alzare il deretano per combinare qualcosa è 1000 volte più intelligente e costruttivo e anche semplicemente "bello" che stare sul blog o su Facebook a piagnucolare senza fare nulla, come purtroppo anche io mi sentivo spesso tentato di fare quando avevo ancora il tempo per concedermi il lusso di annoiarmi. Viviamo in un'epoca tragica dove la gente ha il terrore di fare un passo o una piccola scommessa, perché come ti muovi subito c'è chi ti critica, chi ti mangia letteralmente vivo, o semplicemente non succede niente e quello che volevi realizzare si spegne lentamente in un nulla di fatto.

Io credo però che l'atto in sé di iniziare un qualcosa con coraggio e fatica valga eticamente molto più del suo eventuale successo o insuccesso. E per questo sono convinto che la Pyra, come infinite altre realtà analoghe, sia una cosa bella e importante e sono davvero, davvero felice di pubblicare un mio libro con loro. Che poi non la pensavo a questo modo nemmeno io, almeno non fino a poco tempo fa: ero caduto nella trappola del non tentare mai nulla fino a portarti sfiga da solo, ma poi - grazie al Cielo - in qualche modo ne sono scappato.

In fin dei conti, e chiudo, credo che Giuseppe abbia fatto un po' quello che ho fatto io stesso con l'università: smettere di desiderare ardentemente un qualcosa, per mettersi piuttosto in discussione nel tentativo di conquistarla. E se la vediamo così, se anche in questo momento ho smesso di scrivere narrativa, tutto sommato io e la Pyra Edizioni siamo perfettamente in tema: ci stiamo provando, e abbiamo l'ottimismo e la determinazione di chi ha avuto il coraggio di investire nei propri sogni e nelle proprie speranze.

Simone

07/11/11

Qualcosa che ho notato sul blog, e su voi lettori.

Era un po' che avevo notato la cosa che segue, però oggi mi sono deciso a controllare meglio usando le statistiche di blogspot.

Lo scrittore emergente: il mio vecchio blog sulla scrittura che non aggiorno da anni.

Pagine lette (in media) al giorno: 200

Parole chiave più ricercate:

- Scrivere un libro.

- Come scrivere un libro.

- Come si scrive un libro.

In sintesi: chi legge ancora il mio vecchio blog, lo ha trovato perché vuole scrivere un libro. Credo.

Il mondo quasi nuovo: altro vecchio blog, più generalista, che non aggiorno da anni.

Pagine lette (in media) al giorno: 150

Parole chiave più ricercate:

- Vita da single.

- Chimica facile.

E le cose più disparate, che preferisco non riportare.

In sintesi: chi legge ancora questo blog, probabilmente ci capita per caso cercando altro.

Il blog di Simone M. Navarra: questo blog, ovviamente.

Pagine lette (in media) al giorno: 200

Parole chiave più ricercate:

- Simone Maria Navarra.

- Simone Navarra.

- Blog Simone Navarra.

In sintesi: chi capita sul mio nuovo blog, lo fa perché sta cercando... me?!

Eh sì: la cosa che la gente cerca più spesso, quando viene a leggere qui, sono proprio io sottoscritto medesimo, con tanto di secondo nome che non sia mai uno dovesse avere il dubbio che si siano sbagliati.

E pure voi - se avete letto queste righe - è probabile che siate qui perchè mi stavate cercando e non perché siete inciampati per caso in qualche parola chiave inserita su google. Magari vi interessa sapere di che morte morirò dopo questa grande idea di iscrivermi all'università, o forse volete scoprire se ho smesso sul serio coi libri o se era solo una finta. E mi fa piacere pensare anche che - a forza di leggermi - magari un pochettino vi siate pure affezionati.

E allora vorrei dirvi tante cose melodrammatiche e cariche di pathos, come fanno i blogger davvero fighi quando si rivolgono ai loro lettori. Ma forse non sono più tanto capace a scrivere perchè non so da che parte iniziare e mi si intrecciano tutte le frasi e le parole e viene una roba sinceramente un po' patetica... che forse sta bene con quella storia del pathos ma forse invece non lo so: è meglio che lascio perdere.

Mi limito, semplicemente, a ringraziarvi.

Simone