Le mie prime esperienze in reparto, mi hanno fatto capire che l'idea dell'ospedale dove tu ti presenti e trovi qualcuno che ti spiega tutto è piuttosto fuori dal mondo.
La realtà è che i professori più sono disponibili e più sono carichi di impegni e responsabilità e di persone che li cercano, per cui al limite gli studenti sono solo uno dei tanti problemi che devono risolvere a fine giornata. Più di una persona mi ha consigliato di affidarmi più agli specializzandi che ai docenti, perché loro stessi a loro tempo magari hanno fatto così.
Io però non mi scoraggio e ce la metto tutta: cerco di stare in reparto il più possibile, e se capita di dover fare qualcosa nel corso di una medicazione o di una visita ambulatoriale non mi tiro mai indietro. Soltanto è difficile trovare l'ambiente giusto, le persone adatte, il momento preciso e anche un po' il coraggio di farsi avanti senza aspettare troppo e rischiando così di perdere un'occasione.
Davvero, ve lo dirò chiaramente: imparare a fare il medico è difficile. E vi sembrerà che abbia detto un qualcosa di assolutamente banale, ma quello che voglio dire è che la difficoltà non sta tanto nel dare gli esami o ricordarsi i nomi dei farmaci a memoria, o avere la media del 30. Anche quello è difficile, al punto infatti che io di media ho 25 e mi scordo sempre qualsiasi cosa. Ma quelli sono gli esami, e alla fine qualsiasi studente universitario deve apprendere le proprie materie e che la cosa sarebbe stata impegnativa era implicito fin dall'inizio. Imparare invece ad avvicinarsi a un paziente, fare domande, auscultare, percuotere e tutto il resto per poi magari andare avanti con qualche procedura medica o chirurgica è un qualcosa che in principio può sembrare anche semplice, ma quando ti trovi di fronte all'atto pratico lo è tutt'altro.
La teoria e lo studio sono una sorta di astrazione della medicina. Un'astrazione che poi, però, devi riuscire a ricondurre alla realtà quando ti trovi davanti a un paziente in carne e ossa. E in reparto sei caricato da una serie di condizioni di stress che rendono tutto ancora più faticoso: intanto magari non sai nemmeno cosa aspettarti e nel vedere alcune cose - semplicemente - hai difficoltà anche solo a mantenere la calma. Poi non sai se toccherà fare qualcosa a te, non sai come farlo, non sai se farti avanti quando non ti si fila nessuno... poi c'è la malattia e la condizione fisica di chi ti trovi davanti, che dovrebbe essere il punto principale da affrontare ma che alla fine - per uno studente - è solo uno dei tanti fattori che stanno nel gioco.
Penso che sia facile passare questi sei anni così: appoggiato a una parete durante i tirocini obbligatori. Di medicazioni e semeiotica te ne infischi, perché tanto lasci passare avanti chi ha più voglia di te. Poi in sala operatoria non ci metti manco piede, e se devi frequentare un reparto ci vai una volta sì e tre no che tanto a te non ci pensa nessuno, e nessuno ti dirà mai niente.
E invece il difficile è fare come me e tanti altri ragazzi più giovani: cercare il reparto giusto, stare dietro ai professori e agli specializzandi. Sentirsi sempre fuori posto ed entrare in ambulatori e sale operatorie sempre con la sensazione che forse stai davvero rompendo le palle e prima o poi qualcuno ti caccerà a pedate. Alla fine io torno a casa che sono stanco, e non è facile pensare di dover tenere l'acceleratore premuto a questo modo per altri 2-3 anni.
Mi sono detto che, alla fine di questa laurea, vorrei per lo meno essere in grado di visitare un paziente e capire dove potrebbe essere il problema e verso quali strutture o specialisti indirizzarlo. Saper fare un minimo di medicazioni semplici. Dare un farmaco e poi, che ne so, capire qualcosa se vedo un elettrocardiogramma o una lastra, oppure una TAC.
La mia più grande paura, invece, è di continuare a correre tra esami e reparti stancandomi a morte e perdendo una montagna di tempo, ma di laurearmi comunque alla fine senza saper fare assolutamente niente.
E in un certo senso io lo so già che alla fine riuscirò a ottenere i risultati che voglio, e che insomma questa cosa non si avvererà. Però la paura ce l'ho lo stesso, e per ora non posso fare altro che tenermela e conviverci.
Simone
8 commenti:
Aria nuova nella pagina! Mi piace! Il problema di arrivare alla fine e non saper cosa fare davanti ad un malato forse è un falso problema. Penso che quando impariamo le cose non ci accorgiamo di come queste si concatenino nella nostra testa e di come poi riusciamo a tirare fuori la cosa giusta al momento giusto. Quindi rilassati(comunque non so se mi farei auscultare da te! sembra quasi una minaccia: venga qui che l'ausculto!)
Tim: ahah, sull'auscultazione io starei tranquillo... ti assicuro che c'è di molto peggio! :)
Simone
Forse in medicina i fattori in gioco sono di più e più stressanti, perché si ha a che fare con la salute delle persone, però temo che alla fine di qualsiasi tipo di studio, il divario tra teoria e pratica sia enorme.
Penso anche semplicemente come nel mio mestiere, uan volta uscita da scuola (io ho fatto lo scientifico e poi una scuola d'arte post diploma, di grafica e illustrazione), avevo un'infarinatura di base ma mi mancava tutto.
Piano piano con l'esperienza - 12 anni che lavoro - sono arrivata dove sono.
La solita gavetta aggratis di 6mesi/un anno circa e poi pian piano tutto è stato in salita. (Tranne gli stipendi).
Credevo solo che arrivata alla laurea in medicina, se mi specializzo, che ne so, in ortopedia, sono in grado di stare in un prontosoccorso o in un reparto specializzato già capace di fare qualcosa... ma forse non è cos!?
Anche io sto pensando alla seconda laurea. I tuoi post sono molto interessanti.
come hanno imparato tutti gli altri dottori del mondo, bravi e meno bravi, farai anche tu. Ci vogliono passione, esperienza, esperienza, ed esperienza... :)
Dama: bo'?! Se continua così dopo la laurea puoi stare all'ingresso a fare i Ticket. Forse.
Carolina: grazie, in bocca al lupo!
Marco: speriamo, grazie!
Simone
Ciao Simone ogni tanto leggo il tuo blog! sei un grande! avanti così! marco
Grazie Marco!!
Simone
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