Il tirocinio a Gastroenterologia è stato
fantastico.
Ormai ho accettato il fatto che - più che ai professori - devi rompere le scatole
agli specializzandi o (in mancanza di meglio) agli altri studenti. E da questo punto di vista, in questo reparto mi è andata di lusso:
Infatti c'ero io, c'erano un bel po' di specializzandi in Gastroenterologia, poi c'erano degli specializzandi di
Psichiatria che frequentavano lì per una sorta di rotazione o perché si erano persi, o non lo so.
Ancora, c'era qualche studente che frequentava per la tesi e infine anche dei neolaureati che stavano facendo il tirocinio obbligatorio prima dell'esame di Stato e dell'iscrizione all'Albo.
Insomma, una volta tanto invece di essere l'unico
estraneo al reparto mi sono ritrovato in una discreta compagnia, per cui rispetto ad altri tirocini dove ho finito per ritrovarmi in sala operatoria da solo (
"da solo" inteso che non c'era nessuno a parte me, nemmeno il paziente) l'atmosfera è stata molto più gradevole.
In genere ero lì attorno alle 8 e mezza. Mi facevo il
giro visite dietro al professore di turno (e agli altri 15 studenti e specializzandi e laureandi e neolaureati e gli psichiatri e chi altro c'era) e poi andavo in ambulatorio fino alle 11 a vedere qualche paziente. Giro visita e ambulatorio sono stati interessanti, ma visto che poi all'esame mi hanno bocciato 2 volte di fila ammetto che o non c'ho capito niente io (cosa possibile, visto il sonno
perenne che mi accompagnava in quel periodo) oppure che esame e reparto sono due entità separate che stranamente si presentano sotto lo stesso nome, ma che è un fatto che si dovrebbe in realtà ignorare.
Una volta poi che iniziato a entrare in confidenza con gli altri studenti e specializzandi, hanno iniziato a dare qualcosa da fare pure a me. E non so se ho reso bene il
concetto rivoluzionario che ho appena espresso con queste poche parole, per cui credo sia il caso di sottolinearlo nuovamente:
In reparto, durante un tirocinio, nell'ambito del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, hanno fatto fare qualcosa
pure a me. E non qualcosa tipo:
prendi questi scontrini, pubblicità, incartamenti vari e imparali a memoria (l'attività tipo di uno studente di Medicina). Qualcosa di realmente fisicamente concretamente pratico e di attinenza medica o similmente tale.
Intanto mi facevano prendere la pressione, e vabbè: sarà
una stupidata, ma una mattina ho preso la pressione a tutti i ricoverati del reparto e un pochino di tempo ci vuole, per cui sembra che davvero qualcosa da fare ce l'hai. Poi ogni tanto capita il paziente che - non si sa perché - quando vai a mettere il fonendoscopio non senti niente e la pressione non riesci a misurarla... e dover andare dagli altri e dirgli
"non ci riesco" per fare una cosa idiota come prendere la pressione vi assicuro che è davvero imbarazzante. Cioè: a
non riuscire a fare un trapianto di cuore so' buoni tutti, e se chiami un altro chirurgo nessuno si stupisce più di tanto. A non riuscire a fare la base della base - vi assicuro - ci vuole invece un certo impegno.
Poi insieme ai neolaureati prendevo gli Elettrocardiogrammi. La cosa funzionava così: noi mettevamo gli elettrodi e stampavamo il tracciato. Poi ci riunivamo in una specie di
commissione medica de' noantri per decidere che cosa poteva avere o non avere il paziente in questione (perché non è che nessuno ce lo spiegava, ovviamente) e passavamo il tracciato a uno degli specializzandi.
Se lo specializzando diceva che non era da rifare (perché noi siamo
impediti e tante volte il tracciato faceva cagare) l'ECG passava a Cardiologia e chi s'è visto s'è visto: il referto l'avrebbe fatto qualche
dottore vero, e noi che ce lo saremmo andati a leggere il giorno dopo lo dicevamo sempre... ma alla fine non l'abbiamo fatto mai.
Sempre insieme agli specializzandi ho assistito a paracentesi, toracentesi e altre medicazioni tutto sommato
semplici ma che non avevo mai visto e - insomma - non è che capitino tutti i giorni. O meglio: a chi lavora a Gastroenterologia capitano in effetti diverse volte a settimana, ma io come studente non le avevo viste mai. Vi risparmio delle descrizioni più approfondite di queste procedure, che il post è già troppo lungo e delle cose più truculente possiamo anche fare a meno... e vabbe', ma voi direte:
che cavolo ti stiamo leggendo a fare?
Paracentesi: procedura per il drenaggio di liquido ascitico dall'addome. In pratica prendono
un ago gigante, fanno un buco nella pancia e fanno uscire fuori il liquido con un tubo. La toracentesi è la stessa cosa, solo che l'ago gigante viene inserito nel torace attraverso le costole e a vederlo fa molta più impressione. Contenti? Io, nel vederle, un po' meno.
Uno degli ultimi giorni, in ambulatorio si è presentata una signora anziana. Alla fine poverina doveva ricoverarsi, e visto che non riusciva tanto bene a camminare da sola io e la specializzanda che era con me l'abbiamo accompagnata fuori dall'edificio portandola sotto-braccio. Che poi queste cose con la Croce Rossa sono abbastanza
la normalità, per cui non è che mi pesasse o mi sembrasse di fare nulla di particolare. È stata questione di un paio di minuti e poi via, me ne sono completamente scordato.
E insomma, arriva la fine del tirocinio che a prendere la pressione non sono ancora troppo bravo, ma se non altro lo faccio con
meno imbarazzo. Inizio quasi a sentirmi in una sorta di ruolo vero e proprio, diverso da quello solito dello studente che sta in disparte e guarda quello che fanno gli altri: saluto i pazienti che già mi conoscono, chiacchiero con quelli un po' più socievoli, prendo gli elettrocardiogrammi senza metterci mezz'ora e senza far annodare tutti i fili. Sono molto lontano dallo stress e dalla stanchezza di chi fa queste cose da una vita, e fare quel poco che devo fare mi piace davvero.
Durante l'ultimo giro visite incrociamo la signora anziana che avevo accompagnato l'altro giorno. Lei dal suo letto mi riconosce subito:
mi sorride, mi saluta e mi ringrazia duecento volte mentre il professore ci parla di un altro paziente e io sto lì che per l'imbarazzo mi viene da ridere.
Mentre esco dalla stanza la signora mi chiama di nuovo. Quando mi volto, mi saluta ancora una volta e mi manda un bacio con la mano.
E io mi sento il dottore più figo del mondo.
Simone