Il mondo è grande, e non esiste solo la medicina. Dicono. |
Ho letto con interesse molti dei commenti a questo post, e forse egoisticamente ho sentito come un sollievo.
Ho 19 anni, e appena terminato il liceo ero confusa e indecisa sul mio futuro. Ho sempre avuto un forte "vocazione" artistica, che però non riuscivo a coniugare con l'altra parte di me, desiderosa di fare qualche cosa di concreto dal punto di vista umano.
Scelsi di fare medicina, affascinata dalla figura di persone in grado di sacrificarsi per gli altri e battersi per quella cosa che è la più importante, la vita.
Tuttavia, per quanto la mia testa mi dicesse: "ehi, sei fortunata, sei passata al test, farai la professione più giusta, potrai adempire il tuo dovere!" dentro di me, sin dal primo viaggio di andata verso l'università, sentivo stridere qualcosa.
Di chi era quel sogno che stavo inseguendo? Mio? Doveva essere mio, ma lo era davvero?
Ho iniziato a frequentare le lezioni, e non mi ha mai abbandonato quella sensazione di essere in un bellissimo posto, in una facoltà fantastica, tra ambizioni e progetti grandi ed importanti, troppo spesso ostentati per i miei gusti, ma non nel MIO posto.
Stavo uscendo dai miei binari, e mi sono resa conto che il mio giudizio iniziale non era del tutto esatto: i medici non si sacrificano per gli altri, ma si danno agli altri, il che è diverso.
Sacrificarsi significa annullarsi per il bene altrui. Ma chi vuole fare davvero il medico, lo fa innanzitutto per se stesso. Cioè perchè lo vuole, lo desidera, lo fa sentire felice.
Per darsi bisogna prima possedersi, e questo non può accadere se stiamo dentro i panni di una professione non nostra. Così, forse irresponsabilmente e con un nodo alla gola per il senso di colpa che provo ancora verso i miei, ho rinunciato agli studi.
Ora come ora non so dove andare, e mi sento in colpa per aver messo davanti a un mondo così problematico come quello dei malati e dei più deboli me stessa.
Tuttavia, al di là di tutto, mi sento di dirvi una cosa - che certamente non risolverà i vostri problemi né tanto meno i miei - che mi disse un giorno mio padre: "puoi essere padrone del mondo, anche senza una laurea".
Questo per me non significa che studiare è inutile. Anzi, è forse necessario, ma non sufficiente. Significa solo che forse, almeno per quanto mi riguarda, ho sbagliato cercando di identificarmi totalmente con un corso di laurea.
Ci etichettiamo come "ingegneri", "medici", " avvocati", ma siamo ben più complessi e non dovremmo aver paura di riconoscerlo.
Se abbiamo fatto una scelta sbagliata, non abbiamo perso tempo. Non stiamo cercando la carriera perfetta, ma solamente chi siamo.
Scusatemi se mi sono dilungata troppo senza darvi contributi pratici, ma ne ho sentito il bisogno.
Buona vita a tutti voi!
Aras