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Moderno ospedale, di quando mi sono iscritto. |
Estate 2008: ho già deciso che proverò il test, e sto studiando su quei libroni riepilogativi che si usano per preparare i concorsi.
In famiglia ci sono 2 o 3 parenti o amici cari che condividono la mia decisione e mi appoggiano. Altri invece cercano di farmi desistere prevedendo tragedie e sventure... o un più banale "perderai un sacco di tempo, e ti stancherai prima".
Mi iscrivo al corso estivo di una delle grosse case editrici che fanno i libri per il test, più per obbligarmi a rinchiudermi in un posto a studiare che per reali speranze che un corso possa davvero aiutarmi.
Al mio arrivo, mescolato in una fiumana di adolescenti neodiplomati, una delle insegnanti esordisce "ma tu che cavolo ci fai qui?"
Un ragazzo del gruppo mi vede e lo sento commentare con gli altri: "proprio tutti medici, eh?"
Il bello di quella estate, il bello forse di tutto il percorso, sono i più debosciati di tutti che al corso di preparazione al test prendono e passano la notte in discoteca.
"Vieni con noi?" mi chiedono. "Dormiamo in stazione, e torniamo domani mattina".
Loro sono i 18enni fighi che io sognavo di essere alla loro età, ma che non sono mai stato. Per un attimo - con 15 anni di ritardo - posso sentirmi come uno di loro. Poi però rifiuto, perché sto lì per studiare e se passo una notte intera in discoteca, come minimo, muoio. Avrei dovuto andarci, invece? Forse.
A Settembre faccio il test di ammissione con tanto di influenza intestinale. Ma questo ve l'ho già raccontato da qualche parte, per cui passiamo oltre.
Primo anno di università: a lezione siamo una dozzina di ultra venti-trentenni, e faccio un po' comunella con loro.
Dopo il primo semestre saremo la metà. Dopo il primo anno, un terzo. Al quinto ero rimasto solo io... ma so che c'è qualcun altro un po' indietro, ma che comunque è andato avanti.
Il primo esame è Anatomia 1, ed è un trauma: prendo l'abitudine di scrivermi le cose da memorizzare su dei foglietti che rileggo sempre in qualsiasi momento. Al semaforo, in banca, in fila al supermercato. Farò così per anatomia, biochimica, microbiologia, farmacologia... tutti esami che sono come poesie da ricordare a memoria, e tutti foglietti sempre perennemente in tasca per ripetere appena ho 5 minuti, con lo stress che me se porta.
Alla fine ad Anatomia 1 prendo 23. Un'amica organizza una festa a sorpresa con tanto di torta con 23 candeline, e quello è il momento più bello.
Secondo anno di medicina: neuroanatomia, e biochimica. E microbiologia. E fisiologia.
Un anno di medicina che è come una laurea a parte.
Ricordo il pranzo di Pasqua, e io che saluto tutti i parenti e vado a casa a ripetere la via spino-rubro-talamo-qualcosa-cerebellare con l'abbiocco che mi uccide e la consapevolezza che non riuscirò mai a ricordarmi come si deve quelle cose assurde.
Ricordo una parte da imparare a memoria che ricordava più una commedia di Ionesco: un testo surreale, senza manco mezza parola che avesse una parvensa di senso o significato. Ho cercato aiuto su Internet ma non c'era manco un disegno, e mi sarei messo a piangere.
Agosto del secondo anno l'ho passato a casa col libro di Biochimica e il portatile per cercare i composti su Wikipedia. Non ho mai studiato così tanto in vita mia. Troppo. Vorrei dirvi che poi è servito ed erano cose importanti e che uso tutti i giorni, ma non è così.
Al secondo anno di Medicina ho visto la prima autopsia, e se non c'era un collega "anziano" che mi teneva buono mi sa che svenivo pure. Sempre al secondo anno ho visto la seconda autopsia e non mi ha fatto più tutto 'sto grande effetto. Al quinto anno avrei dovuto vedere la terza, ma non ci sono andato e sono rimasto a dormire.
Anche i bei ricordi, sul secondo anno, sono esclusivamente legati agli esami: in particolare quando ho finito Anatomia. Sono uscito dall'aula: era una giornata bellissima, mi sentivo al settimo cielo e ho capito che potevo farcela.
Terzo anno di medicina: forse il meno impegnativo, da un punto di vista esclusivamente della mole di studio.
Per la prima volta ci portano in reparto. E a chirurgia stiamo tutti lì che ci caghiamo sotto che chissà cosa ci faranno vedere... e invece, poco e niente. Che resterà una costante da lì all'ultimo giorno, ma questo ancora non lo sapevamo e avevamo aspettative - diciamo - inverosimili.
Nel reparto di medicina interna vado per conto mio. I primi pazienti, uso per la prima volta il fonendoscopio. Leggo cartelle senza capire una mazza, guardo ECG chiedendomi che mistero racchiudano, vedo fare prelievi ed emogas e penso che non avrò mai il coraggio di provarci io.
Il terzo anno di medicina è stato, probabilmente, il più bello.
Quarto anno: le patologie integrate. Esami di clinica dei vari apparati, con dentro farmacologia e diagnostica per immagini e anatomia patologica fino a formare degli ammassi infiniti di roba da sapere.
Cardiologia - che poi in realtà l'ho fatto al secondo semestre del terzo - sono 2200 pagine su 7 diversi libri. Gastroenterologia pure lì circa 2000. Le altre sono un po' più corte, ma manco tanto.
E gastroenterologia mi boccia 3 volte allo scritto, e se seguivate il blog lo sapete: ogni volta solo a rileggerlo ci metto un mese. Poi vado lì, e mi bocciano di nuovo. Sto rimanendo indietro con gli esami e inizio a pensare di abbandonare. È stato un momento veramente, veramente nero.
A un certo punto mi chiudo in casa 3 settimane, e ripeto gastro e mi studio reumatologia da zero... e alla fine in 2 giorni faccio tutti e due gli esami e miracolosamente mi ritrovo di nuovo in carreggiata.
Il momento più brutto è stato pensare che, dopo tanta fatica, non sarei più diventato un dottore. Il più bello, realizzare che avevo superato anche quello.
Quinto anno: 10 esami in 10 appelli.
Medicina e Chirurgia 1 è tostarello. Un altro di quegli esami - grazie a Dio l'ultimo - dove ti chiedono le poesie a memoria, e dove mi ritrovo ad andare in giro coi foglietti in tasca per ripetizioni lampo nei momenti di buco.
Gli altri esami sono più semplici, ma sono talmente tanti che stai praticamente sempre sui libri e sempre con qualche scadenza da rispettare in una specie di tour de force accademico.
Al quinto anno, dopo aver frequentato urologia, gastroenterologia e due reparti di medicina interna, ho iniziato a frequentare medicina d'urgenza. E dopo qualche mese mi hanno spostato in pronto soccorso.
A medicina d'urgenza ho fatto i miei primi benedetti prelievi, con le mani che mi tremavano e la paura che i pazienti mi picchiassero. Ho iniziato a leggere un ECG come si deve, e ho finalmente sfogliato qualche cartella clinica capendone - più o meno - tutto il contenuto.
Le cose che prima mi sembravano impossibili stavano piano piano entrando a far parte della routine quotidiana: per la prima volta, andavo in reparto e mi pareva di stare lì per imparare qualcosa.
Il quinto anno di medicina è quello dove tutto sommato da studente uno diventa mezzo dottore. O almeno così avevo sentito dire, e anche per me è stato così.
I ricordi più belli sono una ragazza che festeggia il compleanno fuori dall'università. Porta dei muffin come dolce, e io me ne mangio 4 di fila prima di andare in pronto soccorso a fare la notte. E poi il mio - di compleanno - passato coi compagni di corso: ho compiuto 38 anni, e non me ne sentivo nemmeno 19. Oppure una festa in un appartamento di studenti: io sto lì che bevo come se stessi ancora a ingegneria, e a un certo punto arriva uno e mi fa: "ma tu sei Simone Maria Navarra? Io leggo sempre il tuo blog!!!"
E notare che - quando facevo lo scrittore - non mi ha mai riconosciuto nessuno.
Sesto anno: l'ultimo. Questo. Eccoci qua, che non è ancora proprio finito.
Al sesto anno c'è lo stress che devi fare 18 mila rotture di palle burocratiche, oltre agli esami, la tesi, i tirocini e - generalmente - mangiare e dormire quando sei fuori dal reparto.
All'ultimo anno di medicina devi dare 7 esami, ma sono tutti più un rimiscugliamento di robe vecchie piuttosto che argomenti nuovi da studiare da zero. Durante i tirocini facciamo meno cose rispetto ai primi che si facevano tre anni prima. A lezione non controllano tanto le presenze, e alla fine non viene più a seguire quasi nessuno.
Penso che l'ultimo anno di medicina poteva essere tranquillamente il quinto, mentre al sesto non si fa davvero chissà cosa di imprescindibile, e l'intero corso di laurea si spegne lentamente con solo la tesi a dare una parvenza di "novità" rispetto agli anni precedenti.
Durante i turni in pronto soccorso - quelli che faccio da me senza alcun obbligo particolare - ho imparato a fare qualche ecografia. Ho messo i primi punti di sutura, e forse tutto sommato ho finito per saper fare anche qualche cosina in più rispetto agli obiettivi che mi ero prefissato all'inizio di questi 6 anni.
Il ricordo più bello è la festa organizzata in aula l'ultimo giorno di lezione. La foto tutti in camice sulla scalinata del policlinico, e poi la sera di nuovo in giro per festeggiare con gli - ormai ex - compagni di corso.
Da qui in poi manca solo la tesi, a fine mese ma sempre in data da definire. E poi?
Il settimo anno di medicina, cioè l'anno dopo la laurea, prevede 3 mesi di tirocinio e poi l'esame di iscrizione all'albo.
Dopo farò il corso da ecografista della
SIUMB, e il master in medicina d'urgenza della mia università.
Ormai ho deciso: non penso che aspettare un anno per il concorso di specializzazione, e poi - se mi dice bene - 5 anni in giro per l'Italia a fare la vita dello specializzando, sia una scelta ragionevole per uno che ha quasi 40 anni.
Corsi e master mi danno qualifiche più in fretta, e inizio a pensare di essere abbastanza capace da riuscire a trovarmi uno spazio per quello che so fare, e non per i pezzi di carta che ho o non ho accumulato.
Adesso - intanto - ci sono da sistemare le ultime cose per la tesi, e la discussione. E poi, si vedrà.
Simone